Giorgio Scerbanenco: dal rosa al noir
Chi passa di notte presso la sede dell’opificio della Borletti di via Costanza, a pochi passi dal centro storico di Milano, sostiene di aver udito il ticchettio di una vecchia macchina di scrivere, come se qualcuna stesse scrivendo a notte fonda.
E negli anni Cinquanta davvero c’era qualcuno che, in quell’edificio, scriveva storie meravigliose, piene di amore e mistero, e quel qualcuno era Giorgio Scerbanenco, uno dei padri putativi del noir moderno italiano, con il personaggio di Duca Lamberti.
Nato a Kiev, nel cuore dell’Ucraina, il 28 luglio del 1911, da padre russo e madre italiana, il piccolo Giorgio dovette emigrare a soli cinque anni prima a Roma, poi a Milano, sempre in compagnia della madre, rimasta vedova giovanissima dopo la morte del marito, ucciso nella rivoluzione russa.
A causa delle molte difficoltà economiche, Scerbanenco dovette arrangiarsi nei più disparati mestieri, dal lustrascarpe fino al guidatore di autoambulanze, per mantenere se stesso e la madre, che viveva in una baracca nei bassifondi milanesi.
La svolta nella sua vita avvenne a 18 anni, quando venne assunto presso il Corriere della Sera di Milano, come correttore di bozze.
In pochi anni Giorgio divenne uno dei principali scrittori di punta del quotidiano milanese, tanto che nel 1941 pubblicò per Mondadori il suo primo romanzo giallo “Sei giorni di preavviso” in cui propone il suo primo personaggio importante, l’archivista di Boston Arthur Jelling, che per sfuggire alla sua vita grigia indaga su casi misteriosi e inspiegabili, che vanno dai misteri della camera chiusa fino a loschi traffici della malavita locale.
Dopo la fine della guerra Scerbanenco cominciò a lavorare presso l’opificio, sempre scrivendo di tutto per le varie riviste con cui aveva iniziato a collaborare, pubblicando racconti che spaziavano dal giallo fino al rosa classico.
Tra i lavori di questo periodo ricordiamo “La sabbia non ricorda” un giallo psicologico, il malinconico “La ragazza dell’addio” e il racconto “Milano calibro 9” da cui Fernando di Leo trasse nel 1971 l’omonimo film, considerato un classico del poliziottesco all’italiana.
Gran parte dei suoi lavori è stata raccolta nel volume del 1970 “Il centodelitti”.
La seconda svolta nella vita di Giorgio avvenne nel 1966, quando pubblicò per Garzanti il noir “Venere privata” in cui fa il suo debutto il personaggio di Duca Lamberti.
Ex medico, radiato dall’ordine per aver compiuto l’eutanasia su una paziente malata terminale, Duca è un uomo malinconico e solitario, che cerca di trovare un senso nella sua vita lavorando prima come investigatore privato e poi come detective della polizia di Milano, con suo fianco Livia, ex prostituta diventata la sua compagna.
L’enorme successo del primo romanzo spinse Scerbanenco a continuare la saga dell’ex medico, con “Traditori di tutti” in cui la morte di un ex avvocato porta alla scoperta di un losco traffico vicino alla Certosa di Pavia, il disperato “I ragazzi del massacro” dove si parla di una gioventù che ha perso ogni valore e “I milanesi ammazzano al sabato” sulla morte di una ragazza finita in un giro di prostituzione vendicata dal padre, un camionista.
Malato da qualche tempo, Giorgio Scerbanenco morì nella sua Milano il 27 ottobre del 1967, lasciando incompiuto “I sei assassini” quinto romanzo con Duca Lamberti.