Persone e personaggi indimenticabili della nostra TV
Sappiamo, considerato le informazioni circolanti, che ricorre il sessantesimo della nostra televisione e, mentre viaggiavo in auto, ascoltavo una trasmissione la quale richiamava personaggi che hanno fatto la nostra tivù, e così anche nella mia mente hanno iniziato a farsi strada persone e personaggi che hanno fatto parte della mia vita.
Non intendo alludere a personaggi primari, ma a persone che comunque ho incontrato e con cui, a volte, vi era un rapporto di vicinato e/o conoscenza. Una persona che ricordo volentieri era il maestro delle elementari, me lo ricordo come un uomo buono e un bravo insegnante. Aveva un modo di insegnare la storia che ti faceva restare a bocca aperta da come la spiegava, tanto che la materia mi ha sempre affascinato. È proprio vero che se alla cattedra c’è un bravo insegnante, gli alunni si appassionano.
Poiché ho accennato alla scuola, resto ancora in aula perché mi viene alla mente anche il “bidèll”, il bidello; non ricordo bene il suo viso, ma mi pare di rivederlo in quel suo camice grigio fare slalom tra i banchi per riempire i calamai d’inchiostro e rimproverare chi non stava attento e tempestava il banco di macchie nere. Mentre scrivo, mi affiorano alla mente sempre più persone ma, per ragioni ovvie, non posso certo descriverle tutte, per cui devo forzatamente selezionare, saltando nel tempo senza rispettare una precisa cronologia.
Essendo nato in una casa di ringhiera e in una Milano che allora era molto più vivibile e più socievole, non posso non citare una vicina di casa che tutte le volte, che la mia mamma cucinava il risotto alla milanese, e garantisco che come cuoca era eccezionale, si presentava alla porta con il piatto in mano e diceva: “ghè né on pòo ànca pèr mì”? Era sempre sì. Ho citato il bel dialetto milanese, ma, per essere sincero, devo dire che i dialetti con cui ho convissuto la mia infanzia sono stati tre, il milanese, parlato spesso da mio papà e dai miei nonni paterni, il dialetto camuno, imparato dalla mia mamma e dalle mie zie quando in estate andavo da loro in vacanza, e il napoletano, poiché appena fuori dal portone c’era un’osteria gestita da napoletani, il cui retro dava nel cortile, ebbene, soprattutto in estate con tutte le porte aperte, ci si sorbiva per tutto il santo giorno canzoni napoletane, in special modo Carosone e Murolo.
Devo anche dire che all’arrivo della televisione l’osteria ne istallò una, e così Carosello divenne il ritrovo di noi ragazzini, mentre con i quiz del signor Mike Bongiorno, la gente del cortile, e non solo, si preparava per tempo, spesso portandosi la sedia da casa, per assistere al quiz. Era comunque un momento di socializzazione che faceva davvero bene, e che oggi, purtroppo, è andato perdendosi.
Continuando con la triade, altre tre persone che ricordo bene sono state tre preti. Il primo, che allora avrà avuto i suoi settant’anni, era un vulcano; assistere a una sua predica era un piacere e un impegno, non aveva “peli sulla lingua né rispetto umano”, quello che doveva dire alle coscienze lo diceva, tuonando dal pulpito che si sentiva anche fuori dalla chiesa. L’altro era un pastore dello stampo di San Filippo Neri, era sempre in mezzo ai giovani, non solo per insegnare il Vangelo, ma anche per collaborare e lavorare, quante volte l’ho visto tirarsi su la tunica e con carriola, pala e cemento sistemare l’oratorio, oppure con rastrello e ramazza, insieme ai ragazzi, pulire il campo e il cortile. Purtroppo preti così ce ne sono pochi!
Il terzo sacerdote lo considero il mio maestro, un esempio di coerenza e di fede, un prete che amava la povertà evangelica e condivideva con i più fragili la quotidianità; mi ha donato un tesoro prezioso! Poiché sono già a 638 parole e non devo superare il limite, termino citando quel signore che per me ha rappresentato una macchietta tipo, rivista. Era piuttosto alto, portava un cappello e un impermeabile simile a quello che vestiva, nel suo sketch del Drive In, Zuzzurro. Aveva le scarpe nere con la punta e l’angolo bianco, e diceva di essere un detective che stava facendo delle indagini e doveva passare inosservato. Meno male!
Comunque tutto questo mi ha fatto capire come mai mi diletto nello scrivere commedie, probabilmente molte di queste persone mi hanno lasciato dentro quel ricordo che mi sollecita alla narrazione. Quanto avrei ancora da raccontare, ma sono alla fermata e devo scendere.
Il Barbapedana