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Brigantaggio e briganti milanesi: storia lombarda

Fare oggi un articolo parlando del brigantaggio può sembrare anacronistico, tuttavia il brigantaggio è stato un fenomeno storico che ha interessato la nostra penisola, comprese le terre lombarde e la nostra Milano.briganti lombardi

Oggi questo termine è abbandonato, e ben altri sono i termini che individuano chi commette atti contro la Legge. Il termine si collega al significato di chi cerca brighe, ossia di chi vuole provocare la lite.

Va comunque ricordato che nel Medioevo erano così chiamati quei soldati che, in piccole compagnie e con armi leggere, si mettevano al soldo di questo o quel signorotto. Sulle sue origini diverse sono le ipotesi, una legata al fatto dell’estrema povertà, un’altra dovuta a una forte presa di posizione contro l’autorità costituita, comunque sia, il brigante è stato una figura presente nell'italica storia, anche se è più facilmente associato al Sud d’Italia. Tuttavia anche la nostra terra lombarda ha avuto i suoi briganti, tanto che Stendhal ne parla nei suoi scritti, identificandoli come “Bravi”, così chiamati anche dal Manzoni nei “Promessi Sposi”, i quali avevano formato una corporazione molto temuta e che volentieri si mettevano al soldo di chi più pagava, abbandonandosi a furti, omicidi, rapine.

Nel Ducato di Milano, siamo nel XVI secolo, presso il Bosco della Merlata, che era una distesa boschiva a nord est di Milano e che prendeva il nome del torrente Merlata che vi scorreva, agiva una banda di briganti, i quali avevano la loro base presso l’Osteria di Melgasciada, famosa perché i milanesi facevano tappa per gustare gli asparagi. I capi di questa banda di briganti, tali Giacomo Legorino e Battista Scorlino, furono poi catturati e messi a morte. Il fenomeno però non veniva meno, tanto che nella brughiera di Gallarate i briganti spadroneggiavano, per cui i governatori furono costretti a mettere una taglia di ben 100 mila scudi a chi eliminava questi banditi.

Furono loro stessi che incamerarono quel premio, poiché si offersero di entrare a far parte delle guardie dei governatori. Oltre ai due capi sopra ricordati, tra l’altro veri e proprio malfattori, facciamo adesso la conoscenza di altri due briganti, il primo, tale Giacomo Carciocchi, detto “il Carcini”, nativo di Plesio, nel comasco, dove, unitamente al compagno Pacini, operò con la sua temibile banda, il cui nascondiglio era in una grotta ancora oggi chiamata “Bogia di brigant”, sul monte Grona.

Il Pacini divenne un personaggio nel teatro dei burattini bergamasco, col nome di “Pacì Paciana”. L’altro, il cui nome era Vincenzo Pacchiana, di origini della provincia di Bergamo, divenne, da oste che era, brigante In seguito a una condanna per furto subita ingiustamente. Un’altra versione racconta che era un gendarme del governo Veneto, condannato da questi per vari reati, si diede alla macchia e al brigantaggio.

Permettetemi di ritornare un attimo sulla citata Osteria Melgasciada, tra l’altro ancora oggi in attività, poiché dal volume “vecchie osterie milanesi”, di L. Medici, leggo che sull’uscio che immette nella cucina grande, è scritta la seguente strofa:

Qui è murata

la testa della mula

dei celebri briganti

Giacomo Legorino e

Battista Scorlino

giustiziati nel Maggio

del 1566

Ecco un altro piccolo spaccato della nostra storia lombarda, e, prima di concludere, brigante, nel nostro dialetto meneghino si dice “brigànt o sassìn de strada”.

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