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Clochard: l’indifferenza di Milano

Nella città della moda ogni mattina centinaia di migliaia di persone si riversano nelle vie per vivere le loro vite, spendere, lavorare, divertirsi; è interessante vederle tutte dall’alto, tante piccole formiche che si calpestano a vicenda in una arrampicata sociale che le porterà non si sa dove.Un clochard di Milano. Foto di Andrea Evangelista

La storia che state per leggere è la storia di chi, per un millesimo di secondo, è uscito dalla massa, è riuscito ad uscire da quella nuvola di pensieri, corse, occhi puntati su pavimento e nevrosi che è Milano.
Un giorno qualsiasi, uscendo dalla metropolitana in Duomo si è assediati da un esercito di ambulanti che cercano di venderti braccialetti, rose, accendini o più banalmente chiedono l’elemosina. Diventa quindi semplice cadere nel girone degli indifferenti davanti a tutte queste “provocazioni” a buon mercato; del resto, se ci si dovesse fermare a dare un centesimo a tutti quelli che lo chiedono, nessuno farebbe più shopping in Montenapoleone.

Il punto è che, per quel millesimo di secondo annunciato prima, se ci fosse  qualcuno che riuscisse ad uscire dalla  folla, qualcuno che aprisse gli occhi, o meglio, li alzasse dal pavimento, potrebbe vedere che ci sono  persone che la loro giornata la vivono nella preoccupazione, nel disagio, nel freddo, nel tanfo, nell’indifferenza. Queste persone sono i clochard di cui Milano, e moltissime altre città sono piene, persone che non hanno una casa, un posto dove dormire, nulla; borse sudicie e vestiti ridotti ancor peggio a causa delle troppe notti passate all’addiaccio sui marciapiedi intrisi di smog. 

Sembra che aspettino qualcosa, un aiuto, un sorriso. Un aiuto. Milano è il menefreghismo per antonomasia; parlando con dieci persone a caso non si farà fatica a trovarne una metà che criticano con disprezzo i senzatetto e la pubblica amministrazione per questa situazione.

Quello che dimentichiamo è l’umanità che caratterizza noi tutti, radicata nell’istinto. Guardando quest’uomo (vedi foto), c’è una persona che si sveglia e vede il bisogno di una parola gentile, di qualcosa di caldo, di amore, anche solo per qualche secondo. Per fortuna sono molte le associazioni che si occupano di gestire queste situazioni e aiutare chi ne ha bisogno, ma le cose cambieranno davvero quando sarà la gente comune nel quotidiano ad impegnarsi attivamente per sollevare queste persone e far loro capire che non sono soli.

Quello sguardo non puoi dimenticarlo, ti riempie il cuore, è bastato fermarsi, per un secondo a guardare la sofferenza di un uomo, alleviata da una bevanda calda, che ti ringrazia con l’unica cosa che ha: un sorriso consumato che ti strappa una lacrima

E allora non sarebbe meglio usare un secondo della propria esistenza quotidiana per fare un gesto buono e vivere serenamente il resto della propria giornata, piuttosto che usarne tre per disprezzare o una vita intera per essere indifferenti?

I clochard sono persone che nella vita avranno fatto molti errori, non è dato a noi saperlo e giudicarli; saranno stati sfortunati, saranno fautori del proprio destino, non importa, questo è il punto. La vera questione sulla quale ci si deve interrogare è: -Sono disposto a vivere un giorno in più nel girone degli indifferenti?-
Se la risposta è no, quando sarete in pausa pranzo, a fare shopping con le amiche, a prendere una birra dopo aver visto la partita, usciti da lavoro, stanchi, sudati, stressati, fermatevi per un secondo a guardare quelle persone sedute sui marciapiedi, e fate qualcosa di buono.

Se poi c’è l’ostinazione perbenista di voler mandare “tutti a casa propria”, lì c’è il principio di una carenza intellettuale, ma non perché di fatto loro una casa non ce l’hanno, ma perché qui non si parla di politica, non si parla di Lega, di Salvini, di immigrati o di tasse, si parla di  persone che devono aiutarne altre, perché è così che l’uomo si è evoluto. 

Il vero nemico da combattere in questo secolo non sono le forze estremiste, le lobby, le banche o la massoneria, ma l’indifferenza.

articolo e foto di Andrea Evangelista

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