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La lavorazione del vino nel passato: tecniche, curiosità e ingredienti insoliti

Da molto anni a questa parte a Verona si svolge la fiera del vino, una interessante rassegna che vede viticultori e produttori di vini esporre i loro prodotti che, per la loro alta qualità, trovano estimatori in tutto il mondo. Tuttavia sappiamo che la storia della coltivazione della Vite e della produzioni di vini ha attraversato fasi esperienziali e sperimentali diverse, sempre finalizzate ad ottenere il meglio.lavorazione vino pix

La mia innata curiosità mi ha portato a consultare un manuale su cui sono riportate le varie fasi per ottenere il vino, partendo dalla vigna, e che vi voglio raccontare.

La lavorazione della vigna richiedeva un estenuante lavoro che si estendeva tutto l’anno, e che prevedeva tecniche diverse a seconda del territorio, ad esempio per evitare le brinate primaverili si accendevano dei fuochi con la paglia; oppure durante la canicola si era usi ricoprire le viti e i grappoli con delle stuoie per ripararli dai venti troppo caldi. Il problema dei parassiti era l’accidente maggiore, anche perché i prodotti per difendere le coltivazioni erano piuttosto semplici e spesso inefficaci, e questo comprometteva la produzione ma anche la qualità.

La coltivazione della vita poteva avvenire in diversi modi, tra i quali:

viti che venivano fatte arrampicare agli alberi da frutta, questo anche per evitare che volpi o altri animali si cibassero dei chicchi dell’uva.

Viti sostenute da pali, preferibilmente di quercia, di olivo, di ginepro e disposte a pergolato.

Vigneti che si sviluppavano al suolo.

Per quanto attiene alla qualità, si piantavano da tre a dieci ceppi di vite addossati assieme cercando di combinare le diverse specie. La produzione di uva da tavola era molto scarsa e destinata solo ai mercati cittadini.

Vi era poi la conservazione dei grappoli, che venivano posti nella paglia, sulla crusca, sulla segatura, sul gesso, appendendoli, facendoli affumicare, mettendoli nei vasi poi ricoperti con vinacce, oppure riposti in una cisterna.

Una lavorazione particolare era quella dei grappoli disidratati che, dopo aver essiccato i grappoli al sole, venivano avvolti in foglie di fico, di vite o di platano e indi messi in un barile a strati separati da foglie, e infine chiusi con il gesso.

Veniamo ora a leggere come si produceva il vino. Dopo la vendemmia l’uva era pestata nel tino; sappiamo che era un lavoro “fatto con i piedi”, e poi portata al torchio, che di solito si trovava nei pressi della vigna. Dalla spremitura il vino colava o in una tinozza o in una botte di legno che, in tempi più antichi era di creta, e dove avveniva la fermentazione. La vinaccia invece poteva essere mescolata con acqua e ancora spremuta, dando così origine al “vinello”, ma poteva essere data in pasto al bestiame, soprattutto al maiale, oppure usata per rimedi della medicina popolare. Gli attrezzi necessari erano forniti dal proprietario della vigna.

Era usanza, allora, il non mescolare le varie specie di uva, né tanto meno le uve bianche con le nere, in quanto le prime erano ritenute superiori alle seconde. Una volta nel tino di fermentazione il vino veniva subito lavorato, tenendo presente che più era vino comune più si aggiungevano ingredienti per renderlo migliore, come ad esempio: acqua, vino diverso, oppure resina, il gesso, la calce e  altri materiali che oggi farebbero arrivare immediatamente i NAS. Pensate che nell’antica Grecia vi si aggiungeva acqua di mare opportunamente e sapientemente dosata, tanto chi i loro vini erano molto apprezzati. Ovviamente non esistendo una legislazione adeguata ognuno si sentiva libero di usare ingredienti di ogni tipo pur di migliorarne la qualità, sicuramente a dispendio della salute dei consumatori.

La qualità dei vini era prevalentemente dolce; vi era anche la produzione di vino cotto, che si otteneva facendo bollire il mosto. Si poteva poi mescolare il vino con il miele, oppure facendo macerare in esso dei fiori, dei frutti o delle foglie, ottenendo così vini profumati e aromatici, usati sia in medicina che nella profumeria.

Come si può constatare da quanto riportato di strada ne è stata fatta molta, e oggi abbiamo dei vini di qualità superiore senza bisogno di ricorrere a sostanze estranee che poco hanno a che vedere con il piacere di gustarsi un buon bicchiere di vino.

Termino riportando alcuni versi del poeta Milton, che dicono:

“o fanciulle, porgete da bere

ch’io vo’ ber finché bastami il fiato

ho bevuto, ma voglio ribere,

che tutto ardo, anelante, assetato”

 

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