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Le due zuppe: I dò sùpp

Vi voglio raccontare una storiella che mi narrava mio papà, quand’ero piccino, e che ancora volentieri ricordo. zuppa di fagioliRaccontava così:

Due contadini, il padre sui quarantacinque anni e il figlioletto di sette, ogni mese, caricato il loro carretto con verdure, uova, qualche formaggio e un po’ di frutta, si recavano, provenienti dalla campagna milanese, a Milano per riuscire a vendere i loro prodotti.

Quando il rintocco del non lontano campanile batteva mezzogiorno e mezzo, si recavano, come altri avventori, in una modesta trattoria, dove erano soliti ordinare una zuppa grande e un zuppino piccolo, per una spesa di non più di una lira e mezzo, tanto potevano permettersi.

Dovete però sapere che zuppa, in dialetto, si dice suppa e zuppina, suppina, mentre papà diventa e bambinetto diviene , mentre alzarsi è levàss sù.
Dunque, seduti a un tavolo libero, ordinano al cameriere una zuppa grande e un zuppino piccolo, ona suppa e on suppì. Dopo un attimo eccoli serviti. Poiché la fame faceva sentire la sua presenza, il papà terminò la sua zuppa più velocemente del suo figliolo e, in attesa che anche il piccolo terminasse, si appisolò. Quando il ragazzino stava ormai per terminare, accortosi del dormire del papà, lo chiamò ad alta voce gridando “sù pà”! neanche a farlo apposta il cameriere passava proprio dal loro tavolo e, sentendo, sù pà, si premurò di portare loro un’altra zuppa nella scodella grande.

Il padre, destatosi, si trovò davanti una fumante zuppa e, poiché la fame bussava ancora al suo stomaco e pensando fosse un omaggio della casa, non si fece scrupolo a dar lavoro al cucchiaio. La nuova situazione aveva però svantaggiato il figliolo il quale, in attesa che il papà svuotasse la scodella, a sua volta si appisolò. Questa volta fu il padre che accortosi e volendo svegliare il piccolo, gridò: sù pì, nel senso di alzati piccolo.

Quando si dice la combinazione! Il cameriere sopraggiunse con una nuova zuppetta piccola e il bimbo, anche lui con fame arretrata, diede l’assalto alla scodella. La cosa si ripeté per ben tre volte, finché il papà chiamò il cameriere perché gli portasse il conto. Subito fatto, non passarono neppure due minuti che sul tavolo apparve il biglietto con il conto, sei lire totali. A vedere tale importo al padre per poco non gli prese un colpo, per cui chiamò subito al tavolo il cameriere, contestando il conto, affermando che l’ordinazione era di una zuppa grande e un zuppino piccolo, ossia di una lira e mezzo, e che le altre zuppe lui non le aveva ordinate, ma che le riteneva un omaggio della casa.

Il cameriere precisò che l’ordinazione c’era stata eccome, infatti, più volte il genitore aveva gridato supà, e il figlio supì, e che lui aveva prontamente soddisfatto l’ordinazione. Il vociare richiamò l’attenzione del proprietario il quale, ovviamente, sosteneva la versione del suo cameriere, poiché non intendeva rimetterci. Tira e molla, la questione non voleva risolversi, neppure con l’arrivo di una guardia comunale, così si finì in tribunale davanti al giudice.

Ovviamente tutti ripeterono e sostenerono le loro motivazioni, e quando finalmente al giudice parve giunto il momento, decise di ritirarsi per esaminare la questione, raccomandando ai contendenti di attenderlo. Poco dopo riapparve in tutta la sua prosopopea, e sentenziò così:
Poiché nei due villani non gli parve di riscontrare malizia, furono assolti, mentre il cameriere fu invitato a frequentare un corso, a spese del padrone dell’osteria, di lingua meneghina, onde evitare di prestarsi a equivoci.

Così il povero oste se ne uscì brontolando e inviando invettive contro i due avventori, il cameriere e il giudice, mentre i due villici se ne ritornavano verso casa, finalmente, almeno una volta, a stomaco pieno.

Me par ona storièlla simpatica, a viàlter no?

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