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Un tipo silenzioso: lo spaventapasseri

spaventapasseriQuesta volta, anziché dilettarmi in un articolo di ricerca e più serio, voglio intrattenervi parlandovi di un tipo davvero bizzarro, “assunto” per farsi sentire, lui fa il contrario, se ne sta zitto.

Quando Milano era più stretta e nelle periferie vi erano pochissime case di condominio e le cascine la facevano da padrone, e i campi erano coltivati con passione e fatica, si potevano vedere, quando il biondo grano dava segni di maturità, e quando nella fertile terra degli orti mani esperte, dopo aver preparato il terreno, avevano gettato nel ventre della madre terra il seme, figure vestite in maniera davvero stravagante.

Sulla testa portavano cappelli a volte con fogge proprio strane, addirittura qualcuno aveva con sé un ombrello rattoppato o con qualche bacchetta che spuntava come lancia pronta a colpire.

Personaggi silenziosi che tuttavia svolgevano un serio lavoro, e con che perseveranza!erano sempre presenti al loro posto, con qualsiasi condizione di tempo e persino la notte, sotto un cielo stellato e al chiarore della luna o sotto un cielo ostile.

Avete capito di chi sto parlando? Sicuramente sì, alludo allo spaventapasseri. Quanti di voi che mi state leggendo hanno avuto modo di “ avere a che fare” con uno spaventapasseri? Ve ne erano alcuni davvero buffi, acconciati alla bella meglio e tenuti in piedi non si sa come; altri molto più eleganti, quasi seri, dove anche i passeri parevano accorgersi di questa seriosità, standogli lontani. Alcuni invece erano così malfermi sull’unica gamba piantata nel terreno, che si faceva fatica a capire come il vento riuscisse a non gettarli nella polvere. Poi vi erano i “collaborazionisti”, perché permettevano agli uccelli, corvi e cornacchie compresi, di posarsi sul cappello se non addirittura sulle spalle, cinguettando e gracchiando a più non posso quasi come segno di vittoria.

Non vi dico poi l’abbigliamento, camicie le più strane, a volte bucate, con una manica sì e l’altra no, rattoppate con toppe completamente diverse per colore e tessuto; le braghe o troppo lunghe, o esageratamente corte, tenute su da una cintura il più delle volte fatta di spago. Qualcuno aveva persino un paio di scarpe, ovviamente vecchie e, spesso, bucate o con la suola che rideva. In mano, se non teneva l’ombrello, aveva altri oggetti, come ad esempio un pezzo di stoffa stretta e lunga, che il vento, bontà sua, doveva far svolazzare al meglio per spaventare gli uccelli. Una volta ne ho visto uno in un campo, che teneva in mano una bandiera italiana; era uno spaventapasseri patriottico. Insomma, lo spaventapasseri è un personaggio simpatico e che è stato presente nella nostra storia.

Oggi la loro presenza è molto più rara, le campagne si sono allontanate e in città non trovano né casa né lavoro. I più giovani penso che dal vero neppure li abbiano mai visti; forse quello in cartoni animati o nel film del “Mago di Oz”, dove uno dei protagonisti è proprio uno spaventapasseri, oppure raffigurati su qualche libro per bambini, ma vederli in mezzo a un campo di grano o frumento, tra i fiordalisi e i papaveri, è tutta un’altra poesia.

È un altro pezzo del nostro passato, della magnifica storia del mondo contadino, di quel mondo, cui tutti siamo debitori, e di cui il nostro paese è profondamente intriso e che non dobbiamo assolutamente dimenticare, e dove persino uno spaventapasseri ne diviene silenzioso testimone. Nella nostra bella città ovviamente campi non ve ne sono e così neppure spaventapasseri, che comunque meriterebbero un monumento, se non altro per il silente lavoro e la discreta ma simpatica presenza che rallegrava e attirava lo sguardo innocente di bimbi e assisteva, impassibile, ai primi baci di giovani innamorati. 

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