Un personaggio lombardo, Gianni Brera
Riprendendo la mia consuetudine di dedicare un articolo a personaggi lombardi o milanesi, questa volta voglio scrivere del giornalista sportivo, e non solo, che fu Giovanni Luigi Brera, questo il suo nome completo cui teneva precisare.
Brera nasce a San Zenone al Po nel settembre del 1919; siamo in provincia di Pavia, e muore a Codogno, provincia di Lodi, nel dicembre del 1992.
Il padre svolgeva l’attività di sarto e barbiere del paese, e decise di mandare Giovanni a studiare a Milano. Qui, a quindici anni, iniziò a giocare a calcio nel ruolo di terzino nella squadra “A” del Liceo ginnasio statale “Giosuè Carducci”, partecipando al campionato milanese ragazzi 1934-1935. Il periodico italiano “Guerin Sportivo” organizzò a Torino il “Torneo Baravaglio”, vinto per 2 a 1 dalla squadra in cui giocava anche il Brera. A 16 anni iniziò a scrivere dei piccoli articoli a commento del campionato sul settimanale sportivo milanese “Lo schermo sportivo”, continuando però a giocare nel suo ruolo nella squadra.
Il padre e la sorella lo convinsero a dedicarsi con più convinzione agli studi mettendo da parte l’attività calcistica, cosa che fece presso il liceo di Pavia. A soli 17 anni fu assunto dal “Guerin Sportivo” con il compito di seguire la serie C. Il suo operato lo mise subito in luce, tuttavia continuò gli studi sino a laurearsi in scienze politiche all’Università di Pavia nel 1943. L’arrivo della seconda guerra mondiale lo chiamò alle armi, e il Brera si arruolò volontario nel corpo dei Paracadutisti, dove trovò anche qui l’occasione per scrivere alcuni articoli, che furono pubblicati anche sul giornale il “Popolo d’Italia”. Con l’arrivo del settembre 1943 Brera fuggì in Svizzera per essere poi internato in un campo di lavoro per profughi italiani. Nel 1944 entrò nella Resistenza, operando nella Repubblica partigiana dell’Ossola. Una cosa di cui si vantò sempre fu quella di essere stato un paracadutista e un partigiano senza aver mai sparato ad un essere umano. Terminata la guerra, nel 1945, fu chiamato alla “Gazzetta dello Sport”, il più importante quotidiano sportivo italiano. Il suo intento era quello di scrivere di box e di calcio, temi a lui congeniali, invece il Direttore della testata gli assegnò l’atletica leggera.
Il fatto che non conoscesse questa disciplina non gli impedì di impararla e amarla, tanto che ricoprì la carica di consigliere nazionale della FIDAL – Federazione Italiana di Atletica Leggera.
Nel 1949 ricevette l’incarico di inviato speciale al “Tour de France”, quell’anno conteso da tre corridori italiani: Fausto Coppi, Fiorenzo Magni e Gino Bartali. I suoi articoli fecero vendere al Giornale un enorme numero di copie, tanto che a Brera fu offerto il ruolo di direttore. Nel 1954, per un contrasto con la proprietà, si dimise da direttore della Gazzetta. Due anni dopo fu chiamato a dirigere la redazione sportiva del neonato quotidiano “Il Giorno”. Anche qui, nell’edizione del lunedì con l’inserto sportivo, il giornale aumentò le vendite. Rimase nel giornale sino al 1967, quando assunse la direzione del “Guerin Sportivo” con cui non aveva mai smesso di collaborare, curando la rubrica, conosciuta come l’Arcimatto, delle risposte alle domande, su argomenti più disparati, dei lettori. Negli anni settanta scrisse ancora per la Gazzetta dello Sport, lavorando anche per “Il Giornale” di Idro Montanelli, fino a quando nel 1982 passò a “La Repubblica”, cui restò legato sino alla morte. Molti dei suoi articoli furono tradotti anche in altre lingue, inoltre pubblicò diversi libri: manuali, saggi, romanzi, racconti e opere teatrali e radiofoniche. Tra i suoi romanzi il più celebre, da cui fu tratto anche un film, fu “Il corpo della ragassa” del 1969. Anche la televisione lo vide protagonista in trasmissioni come “La Domenica Sportiva”, “Il processo del lunedì”.
È innegabile che Giovanni Brera abbia legato il suo nome alla filosofia calcistica del gioco all’italiana, ossia il “catenaccio” e il “contropiede”. Quando era in Svizzera gli nacque l’idea di aggiungere un difensore esente da marcature, definito “libero”. La Svizzero sperimentò questa nuova concezione che la portò, nei mondiali del 1938 ad eliminare la Squadra tedesca. In Italia quel sistema di gioco fu sperimentato solo negli anni Cinquanta e Sessanta da Nereo Rocco e G. Ferruccio Viani.
Gianni Brera era tifoso della squadra del Genoa, dove coniò il termine affettuoso “Vecchio Balordo”, scrivendo anche, per sottolineare che il Genoa era una delle squadre più longeve d’Italia:
“Quando il Genoa già praticava il football gli altri si
Accorgevano di avere i piedi solo quando gli dolevano”
Tuttavia va precisato il collega giornalista e scrittore Diego Mura, detto Gianni, riteneva che il Brera fosse tifoso e sostenitore dell’Inter, tanto da coniare l’appellativo di “Beneamata”.
Brera, come giornalista e scrittore è stato un prolifico onomaturgo, ossia amante di giochi di parole, attingendo al vernacolismo e introducendo numerosi neologismi, sia in ambito sportivo ma non solo. Ricordo tra questi termini calcistici come: contropiede, intramontabile, uccellare, melina, goleador, Eupalla e altri ancora.
Nel 2002 l’Arena Civica di Milano venne intitolata a suo nome. Dal 2017 nel Salento il Comune organizza il “Festival dell’Arcimatto – Gianni Brera tra giornalismo e letteratura”.
Alcuni suoi cimeli, come le quattro macchine da scrivere marca Olivetti, sono state donate dalla famiglia a diverse associazioni.
Un altro personaggio che ha fatto parlare di se e della nostra bella Italia.