Vitamina D: quando e come è alleata della salute
Attivata dall’esposizione ai raggi solari, la vitamina D interviene in diversi processi biologici che interessano il sistema scheletrico, quello neuromuscolare e quello immunitario.
Quando si parla di “vitamina D”, ci si riferisce di fatto ad un gruppo di 5 vitamine (vitamina D1, D2, D3, D4, D5) denominate in gergo medico “secosteroidi liposolubili”, di cui le più importanti sono la D2 (presente nei vegetali) e la D3 (di origine animale), essenziali per il processo di assorbimento di calcio, fosfato e magnesio, ma non solo.
La vitamina D per dispiegare i suoi effetti ha bisogno di attivarsi attraverso una reazione biochimica che avviene all’interno dell’organismo tramite fegato e reni. Particolare rilievo assume il ruolo specifico della vitamina D3 che per essere utilizzata diventa “calcitriolo” (forma attiva della vitamina D3, da un punto di vista strutturale e fisiologico simile ad un ormone steroideo), in grado di raggiungere le cellule di diversi tessuti e di agire sul metabolismo, così da:
- consentire l’assorbimento di minerali come il calcio, fondamentale per lo sviluppo e il “rimodellamento” dello scheletro;
- agevolare la differenziazione e la crescita cellulare,
- favorire l’attività muscolare;
- migliorare l’attività neurologica mediante la sintesi di fattori neurotrofici;
- sostenere la risposta immunitaria e ridurre gli stati infiammatori;
- garantire l’omeostasi, cioè quell’insieme di meccanismi che permettono l’autoregolazione dell’organismo secondo dinamiche di stabilizzazione degli equilibri interni riferibili a volume (ad esempio il volume dei liquidi intracellulari), temperatura (ad esempio quella corporea) e grado di acidità (ad esempio il Ph del sangue), tutte condizioni essenziali per la vita animale.
Bisogna precisare che sui descritti effetti benefici della vitamina D e sui processi biologici sottostanti ci sono fra gli studiosi conclusioni talora discordanti, riconducibili soprattutto a conoscenze ancora parziali in campo medico. Resta il dato oggettivo che, in questi ultimi anni, parte della ricerca si sta orientando verso una valorizzazione del ruolo della vitamina D nei percorsi di cura delle malattie autoimmuni e delle malattie muscolo-scheletriche, sia pure con grande prudenza poiché un eventuale sconfinamento del paziente in una situazione di disequilibrio per eccesso di detta vitamina potrebbe per lui rivelarsi nocivo.
Per quanto concerne l’assunzione di vitamina D, le conoscenze attuali sconsigliano di superare la quantità quotidiana di 100 μg di vitamina D per i soggetti di età compresa tra i 9 e i 71 anni, rispetto ai quali è provato che dosi prolungate di almeno 200 μg al giorno potrebbero portare ad ipercalcemia con conseguenti danni (a volte irreversibili) a cuore, reni e fegato.
Discorso a parte merita lo stato di gravidanza, nel corso del quale dosi “molto elevate” di vitamina D potrebbero determinare una forma di ipercalcemia materna in grado di accrescere il rischio di ritardo mentale e deformità facciali del nascituro.
Quanto ai bambini, una indicazione del “Comitato di Redazione del Gruppo di lavoro sull’uso dei farmaci della AUSL di Reggio Emilia” prevede che a quelli molto piccoli alimentati con latte materno (fornito di scarsa quantità di vitamina D) debba essere somministrata un’integrazione di questa vitamina di circa 400 Ul/die fino a quando non assumono almeno 1 litro di latte in polvere o latte intero. Il medesimo Gruppo di lavoro così si esprime in merito agli adolescenti: “Gli adolescenti che non introducono 400UI/die di vit. D attraverso latte o alimenti arricchiti con vit. D (es. cereali), previo controllo dei livelli ematici, dovrebbero ricevere la supplementazione. I soggetti ad aumentato rischio di deficit sono quelli con malassorbimento cronico, in trattamento con farmaci antiepilettici o appartenenti a particolari etnie come asiatici, africani, mediorientali”).
Sembra appurato che la gran parte di vitamina D venga acquisita dall’organismo attraverso l’esposizione della pelle ai raggi solari, fermo restando che pure l’alimentazione ha un suo ruolo, e riguarda soprattutto l’assunzione di cibi quali fegato, pesce, uova e funghi; non sono noti casi di intossicazione da vitamina D da parte di “soggetti adulti sani”, che si espongono al sole senza particolari eccessi e si alimentano normalmente.
Cautela e consultazione di un medico sono raccomandabili nell’assunzione di vitamina D attraverso gli integratori alimentari (questo è un discorso che vale in linea generale per tutti gli integratori, di ogni genere e specie), che a prima vista sembrano innocui prodotti naturali, ma in realtà possono produrre effetti collaterali non di rado anche particolarmente lesivi per l’organismo.
Mirella Elisa Scotellaro
Nota Bene: questo articolo ha finalità informative di carattere generale, e non può in nessun caso sostituire le valutazioni del medico.
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