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Milano, morto clochard con 100mila euro in banca, pensione e casa in Calabria

  • Michele Canziani
Clochard morto a Milano: aveva i mezzi per non vivere di stenti e una sorella che lo cercavaOgni inverno ci sono uomini e donne che muoiono a causa delle rigide temperature e una vita di stenti, persone che non possiedono nulla e sono ai margini della società. Giovedì di settimana scorsa è stato rinvenuto il cadavere di un uomo a Milano e risalendo alla sua identità è emerso che aveva 2 conti in banca, era l'intestatario di una pensione e aveva una casa di proprietà in Calabria, ossia aveva i mezzi per permettersi una vita diversa e delle cure.

Clochard a Milano

Nel pomeriggio di giovedì scorso la Polizia ferroviaria di Porta Garibaldi è stata allertata dai tecnici di Rfi, impiegati in lavori di manutenzione sui binari, per il ritrovamento del corpo di un clochard magrissimo, coi vestiti logori, coperto di cartoni e teli presso l'ex rampa di carico per le vetture.

Le indagini

Aperte le indagini sull'identità e la morte dell'uomo si è scoperto che soffriva di alcune patologie e queste e il freddo sono state le cause del decesso come recita il verbale del medico legale
Secondo quanto si legge sull'Ansa il clochard aveva 75 anni e si chiamava Umberto Quintino Diaco. Era originario della Calabria e lì aveva una casa di proprietà e due furgoni, regolarmente intestati e assicurati. 

Il denaro che gli avrebbe permesso una vita meno dura

Nella casella postale richiesta da Umberto Diaco presso il Servizio di accoglienza milanese della Caritas – dove si è fatto recapitare la posta per anni - sono state trovate le lettere da parte della banca Intesa San Paolo e Unicredit in merito a oltre 100mila euro depositati, circa 19mila euro di titoli azionari intestati e una pensione mensile di 750 euro proveniente dalla Germania.

Gli antefatti e i misteri che resteranno celati

Diaco era nato a Paludi il 5 maggio del 1945, da giovane aveva lasciato casa avventurandosi nel mondo e tagliando ogni legame col passato.
Nell'intervista rilasciata dalla sorella al Corriere della Sera, si scopre che l'uomo è stato cercato a più riprese dalla famiglia d'origine che si è rivolta anche al giudice di Pace. Chiarina fornisce le date delle sentenze e informazioni sui tentativi fatti per rintracciarlo: "Siamo solo riusciti a scoprire che era finito in Germania dove lavorava come gruista nei cantieri. Prima, forse, era stato in Svizzera", diversi anni dopo la sorella era riuscita a sapere che frequentava la Caritas di Milano.

La Caritas

Tramite l'organismo pastorale della Cei, Chiarina aveva provato a parlare col fratello, ma lui aveva risposto di non cercarlo più. La sorella infine dice: "Ha sofferto i dolori di una vita d'inferno. Chiedo al buon Dio di accoglierlo in paradiso, sono sicura che lì c'è un posto per lui."
Un operatore della Caritas che lo ha conosciuto si è detto dispiaciuto per la morte di Umberto. Di lui racconta che non si lasciava aiutare e che aveva un grave disturbo psicologico. Non chiedeva mai soldi e non accettava cibo. 

Il Niguarda

Una settimana fa accanto al corpo di Umberto, tra i pochi effetti personali, sono stati trovati alcuni abiti malridotti, una busta con circa 1300 euro, dei rendiconti bancari e il referto di una visita al Pronto Soccorso del Niguarda, risalente a qualche giorno prima.
 
 
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