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Immaginando a Milano: una giornata tipo

storia milanoFinalmente un po’ di silenzio in questa città sempre in movimento.  Adesso mi posso concedere un poco di libertà e, se mi permettete, mi abbandono a qualche considerazione. Un rimprovero lo devo fare ai piccioni, i quali, senza nessun ritegno né rispetto, nonostante le mie severe rimostranze, continuano a posarsi su di me, e fin qui nulla di male, la cosa spiacevole è quando si abbandonano a rilasciare i loro rifiuti intestinali sulle mie spalle. Davvero un’indecenza!

Piccioni a parte, le mie giornate si svolgono all’insegna dell’osservazione, e solo quando non c’è più nessuno, mi lascio andare a costatazioni.

Volete che vi racconti una giornata tipo? Vi accontento subito.

Milano si sa, è una città che finisce tardi e inizia presto. Mi sveglio sempre al primo sferragliare del tram che passa poco distante da dove mi trovo, e con esso inizia la mia giornata. I primi passanti che vedo sono quelli che si recano presto al lavoro, ma questi non mi degnano di uno sguardo o un accenno di saluto, nonostante sia qui ormai da tanti anni. Più tardi mi passano accanto mamme con i pargoli che si recano all’asilo o alla scuola. Non vi dico quando rientrano senza più prole, i pettegolezzi che odono le mie orecchie, c’è né per tutti!  Bei tempi quelli della scuola, almeno per me lo sono stati.

Li ricordo ancora, anche se, rispetto a oggi, la severità era davvero eccessiva. Comunque da quel che sento, oggi è esattamente l’opposto, troppo permissivismo e buonismo, che sicuramente non giovano né a chi li ricevono, né a chi lo propone. E poi, attenzioni agli “ismi”, che nella storia hanno troppo spesso voluto dire sciagure.  Nella mattinata è un via vai continuo e sempre di fretta, solo all’ora di pranzo cala un attimo di pausa, finalmente! 

Proprio ieri mattina, avevano da poco scandito il mezzogiorno le campane della chiesa nella piazza vicina, nella panchina posta sotto di me, viene a sedersi un barbone, è così che si usa chiamare una persona che non possiede né casa né lavoro e che si sposta continuamente da un posto all’altro della città, raccattando, tra i rifiuti, qualcosa da mangiare o da bere. Inutile dire che l’abbigliamento era trasandato e sporco. Il viso occupato da una barba incolta e da una capigliatura che sembrava chiedere disperatamente l’intervento di un parrucchiere. Di quel che diceva, in parte a voce alta, ho potuto capire che stava aspettando che smontasse il mercato settimanale della via accanto, per raccogliere qualcosa da mangiare tra gli avanzi che i venditori lasciavano sulla strada.

Alzando lo sguardo, vedo anch’io un tratto della via, e mi fa tristezza quando scorgo una vecchia donna, sicuramente una signora che vive di una misera pensione, che cerca tra quegli avanzi qualunque cosa ancora mangiabile da poter portare a casa per la cena o il pranzo del giorno dopo. Che tristezza! Che disonore per l’uomo! Che vergogna per una società che si definisce civile; per un governo che permette che accadano cose come queste, che umiliano la dignità della persona.

Anche se devo ammettere che ho visto, a volte, più dignità in un barbone che in persone che si credono della “società bene”.  Devo ammettere che il pomeriggio, mi riferisco ai giorni feriali, perché la domenica, se il tempo è buono, intorno a me c’è più allegria, più vita, più gente, si vivacizza un poco. Tre giorni fa è passata una giovane coppia con tre bambini piccoli, due gemelli in una carrozzella, e un altro, più grandicello, sulle spalle del papà. Mi ha riempito il cuore di gioia vedere una famiglia così. Ce ne sono sempre meno, spero non sia il trionfo della sterilità.

Venerdì scorso invece, saranno state le diciassette, minuto più minuto meno, si sono seduti due giovani fidanzatini che si tenevano stretti e si parlavano quasi sussurrando. Mi pareva essere indiscreto posare gli occhi su di loro e sentire ciò che si dicevano, ma non potevo fare altrimenti, lì ero e lì dovevo stare. A un certo punto ho sentito lei che gli diceva: “faccio tutto quello che vuoi tu”. Mi sono sentito fremere tutto; ecco una frase che tra due innamorati non va mai detta, è una frase di sottomissione, e nel vero amore non esiste la sottomissione. È una condanna sicura all’infelicità. 

Ogni tanto arriva a sedersi qualcuno col giornale, e così ne approfitto per dare una sbirciatina a qualche notizia. Ne avrei di cose da raccontare, non potete immaginare quante! Un giorno o l’altro mi deciderò a scrivere un libro, allora si che ne sentirete delle belle.

Mi sovvengo solo ora, non mi sono neppure presentato. Perdonatemi, provvedo subito. Sono quella statua posta sul piedestallo che vedete ogni mattina quando passate per questa via; una delle tante, perché nella nostra Milano siamo in parecchi. Una preghiera, quando mi passate davanti, o sostate vicino, fatemi un saluto. Non preoccupatevi di quel che può pensare chi vi guarda, anch’io, come voi, sono e respiro la grande Milano.

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