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Sushi-mania: quando i nostri capricci culinari rischiano (forse) di manomettere l'ecosistema

sushi bar emanuela corso concordia milanoAlzi la mano chi ancora non si è fatto travolgere dalla Sushi-mania che negli ultimi anni ha invaso tutta la parte occidentale del pianeta!

Sono certa che il numero di mani è decisamente esiguo, perché sashimi, tartar, hossomaki e chirashi hanno fatto strage di palati; anche i più scettici, che all'inizio si sono approcciati con aria di disgusto ai piatti orientali, nostalgici della buona e sostanziosa cotoletta alla milanese e orgogliosi "mangiaspaghetti", alla fine hanno ceduto al fascino minimalista del pesce crudo.

Ma perché tutto questo successo?

Innanzitutto, non dimentichiamoci una cosa: siamo nell'era dell'apparenza, e tutti quei rotolini di riso, perfetti e ordinati, dalle striature verdi, arancioni o rosse, non possono non attrarci, o quantomeno incuriosirci.

Poi, la parola chiave: esotico. Per noi, animali da ufficio rinchiusi in gabbie con finestre per troppe ore a settimana, quale miglior modo di celebrare la nostra libertà, se non quello di andare a mangiare del cibo esoticissimo nel fine settimana, per staccare e dimenticare la quotidianità milanese (e non) che ci opprime?

Inoltre è sempre più diffusa, tra i ristoranti giapponesi - che poi, effettivamente, giapponesi non sono, bensì più spesso cinesi che ben sfruttano la nostra italiana ignoranza fisionomica - la formula dell'all you can eat, che ci permette di abbuffarci, letteralmente, senza quasi sentirci in colpa.

Perché? perché la cucina giapponese è notoriamente genuina e leggera. Insomma, possiamo ingozzarci di pesce crudo e riso bianco tutta sera, e non proveremo rimorsi all'uscita dal ristorante.

Ma questa nostra bulimia da japanese cuisine non manca di avere conseguenze, non sempre positive, in particolare sull'ambiente.

Su tutto, da tempo si parla del problema dell'estinzione del thunnus thynnus, comunemente conosciuto come tonno rosso, e solitamente presentatoci sottoforma di tartar o sashimi. 

La questione è in realtà controversa: c'è chi dice che sì, il tonno è in via d'estinzione - basti pensare che qualche anno fa il pesce in questione è entrato nella red list di Greenpeace, tra gli animali acquatici da tutelare, a causa della sempre più diffusa pesca pirata. E c'è chi dice no, che le bufere riguardo alla possibile estinzione di questo tonno sono tutte vere e proprie bufale ambientaliste e malinformate. Il tonno, secondo questa seconda corrente, è esattamente tanto quanto era negli anni '70.

In realtà, le premesse perché il tonno pinna blu (il tonno rosso è anche così conosciuto) possa sparire da un momento all'altro, ci sono tutte. Il ciclo riproduttivo del pesce in questione è lungo, e i nuovi nati sono sempre meno degli esemplari catturati.

Sempre più diffusa, poi, soprattutto nel Mar Mediterraneo, dove vi sono regole ben precise riguardo alla quantità di tonno rosso da poter pescare, è la pesca pirata e illegale, che ruba al nostro mare numerosi e preziosissimi esemplari ogni giorni.

E nell'Atlantico la situazione non è tanto diversa: negli ultimi 20 anni, infatti, secondo uno schieramento di biologi, i tonni sono stati letteralmente sterminati, per finire sulle nostre tavole. Morale: l'estizione, anche nel grande Oceano, è ormai vicina.

Dunque, godiamoci il nostro sushi del sabato sera, le abbuffate in compagnia e le meraviglie dell'essenziale cucina giapponese, ma per non sentirci per niente in colpa, diamoci dentro con branzini e salmoni!

Clara Cappelletti

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