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Il genio del Tiepolo a servizio di Palazzo Clerici

palazzo clericiNella vicenda artistica di GiamBattista Tiepolo, uno dei maggiori pittori italiani di sempre, protagonista indiscusso del diciottesimo secolo italiano ed europeo, tra gli esordi veneziani e la consacrazione di Würzburg c’è una significativa tappa nella nostra Milano a servizio delle famiglie aristocratiche.

Il palazzo, dal 1941 sede dell’ ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) sorge nel cuore della vecchia Milano, nella via che la toponomastica antica indicava come “Contrada del Prestino dei Bossi”, sulla via che portava a Como, non a caso area d’origine dei proprietari, marchesi di Cavenago. Dobbiamo l’abbellimento del palazzo ad Anton Giorgio Clerici che chiamò il Tiepolo nel 1740, incaricandolo di decorare la galleria con un soggetto mitologico volto a celebrare probabilmente il mecenatismo dello stesso committente, oppure l’ascesa al trono di Maria Teresa d’Austria avvenuta proprio nello stesso anno.

Affrontate le prime difficoltà dovute a un’eccesiva lunghezza dello spazio, Tiepolo affresca “La corsa del carro del Sole attraverso il libero cielo abitato dalle deità dell’Olimpo e circondato dalle creature terrestri e dagli animali che stanno a simboleggiare i continenti”, un titolo magniloquente che lascia presagire l’enfasi retorica dell’opera. Il centro della composizione è dominato dalla quadriga del dio del sole preceduta da Ermes che apre la strada del cielo e tutt’intorno lo spazio è animato da gruppi di divinità: Demetra e Persefone rapita da Ade, il dio dell’ebbrezza Dioniso, il bellissimo gruppo di Afrodite e Crono e ancora Naiadi e personificazioni fluviali. Tra le allegorie dei continenti spunta una lunga proboscide di elefante ad indicare l’Africa, un cammello e un cavallo simboleggiano rispettivamente l’Asia e il vecchio continente, mentre il nuovo mondo è rappresentato dalla ferocia di un coccodrillo e dall’accostamento tra gli autoctoni e il chiaro incarnato dei coloni. Tiepolo inserisce anche un autoritratto, nella scena dell’allegoria delle arti simboleggiate da un putto che stringe nella mano una tavolozza e da un vecchio con una mandola.

Una luce abbagliante, scorci arditi, l’esotismo caro al Settecento cosmopolita, un cielo limpido solcato da nubi rosate unito alla straordinaria abilità di costruire macchine scenografiche le quali fingono uno spazio che va al di là di quello architettonico: di certo l’opera del Tiepolo era ciò che di più prezioso gli ospiti del Marchese potevano ammirare. E fortunatamente anche i milanesi possono godere di questa delizia per gli occhi, grazie alle visite guidate organizzate periodicamente dall’ISPI.  E’ un brano di quella grande arte veneta che fa impallidire mezzo mondo e Milano lo custodisce… per noi.

Chiara Bernocchi

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