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Cinque chiese, cinque storie milanesi

In questi lunghi giorni, Milano ci appare vuota, priva, per cause legate all'emergenza Coronavirus, di quell'umanità che brulica per le sue strade, i suoi palazzi e le sue chiese. Milanesi, di origine e d’adozione, ma anche turisti. In Galleria Vittorio Emanuele, possiamo sentire il rumore dei nostri passi sul prezioso pavimento a mosaico di quello che è uno dei nostri più amati luoghi di passeggio. Ebbene, a noi, Milano piace immaginarla come in una qualsiasi giornata di metà marzo, con la primavera alle porte e con i tepori di fine inverno, brulicante di persone in giro per la città.

san bernardino alle ossa chiese milano flawless guidaProprio immaginando una situazione di questo tipo, ho pensato a un giro tra cinque chiese di Milano che contengono altrettante storie e curiosità.

Si tratta di una camminata virtuale che vi invitiamo poi far diventare realtà, per chi ama passeggiare per la nostra città.

San Bernardino alle Ossa

Partiamo da Piazza Duomo. Ci lasciamo alle spalle la Cattedrale e Palazzo Reale ed entriamo in Piazza Fontana. Da lì, attraversando le rotaie tranviarie di Via Larga, sbuchiamo in Piazza Santo Stefano. Qui si trova la prima tappa del nostro percorso, la Chiesa di San Bernardino alle Ossa. Accanto alla basilica di Santo Stefano Maggiore, si trova questo edificio che, in realtà, è l’unione di due chiese. Quella più grande, a pianta centrale con cupola ottagonale e presbiterio absidato, è del XVIII secolo e venne progettata da uno dei più grandi architetti milanesi del secolo, quel Carlo Giuseppe Merlo che fu anche attivo per la Fabbrica del Duomo, per Palazzo Litta e per il Santuario di Rho.

Questa struttura mirava a integrare, in grandezza e monumentalità, il più piccolo edificio seicentesco, concepito come oratorio, situato alla sua destra, proprio sull'angolo tra le vie Merlo e San Bernardino. Si tratta di un piccolo vano, originario del 1210, ma ricostruito nel 1695 (la facciata è di fine ‘700), dedicato a San Bernardino da Siena, uno dei padri dell’ordine francescano. Accendendo nell'interno a pianta quadrata, scopriamo il vero motivo del suo nome “alle Ossa”: le pareti sono tappezzate di mosaici di frammenti e ossa intere, insieme a teschi. Si tratta di un esemplare unico di questo tipo di decorazione, in Italia. Di chi sono queste ossa, incastonate nelle pareti della cappella e incorniciate da preziose strutture barocche? Le ipotesi (e le leggende) sono molte: si va dal massacro dei milanesi da parte del re ostrogoto Totila nel VI secolo alle lotte tra cristiani ed eretici nel ‘200, fino a quella secondo cui si tratterebbe di santi martiri milanesi, ma le più probabili sembrano essere propendere verso i defunti della vicina Ca’ Granda e verso alcuni cimiteri soppressi, nei paraggi, nel ‘600.

Di certo, la luce fioca rende, entrando nel vano, un’atmosfera da brividi, acuita, ancor di più, dal barlume dei ceri, che oscurano il capolavoro affrescato nella volta dal veneto Sebastiano Ricci, il Trionfo delle anime in un volo d’angeli, che chiude il Seicento milanese, dominato dalla devozionalità controriformistica e inaugura un nuovo secolo, quello della grande decorazione. 

Santa Maria presso San Satiro

Riattraversiamo Piazza Duomo e pieghiamo, a questo punto, per Via Torino. La seconda tappa del nostro giro si trova subito a sinistra, dopo la suggestiva Via Speronari: Santa Maria presso San Satiro.

Si tratta di una chiesa che non colpisce il visitatore per l’impatto visivo e monumentale che, per esempio, ha il complesso di Santo Stefano e San Bernardino, vista la sua facciata ottocentesca leggermente arretrata e chiusa tra due palazzi oggi caratterizzati da negozi di scarpe e abbigliamento sportivo, ma che, una volta entrati, lascia a bocca aperta. La chiesa venne fondata, con la dedica al santo martire milanese Satiro, nell’879 dall'arcivescovo Ansperto, che vi fondò un sacello (luogo destinato alla sepoltura di santi e martiri). Di quell'epoca resta solo la struttura della cappella della Pietà, ancora di stile paleocristiano, oggi situata su Largo De Sabata, sull'angolo con le vie Speronari e Falcone, insieme al campanile, il più antico di Milano, risalente al X secolo e ancora perfettamente conservato.

Accanto a San Satiro, si intrapresero, dal 1476-77, i lavori per la creazione di una nuova chiesa rinascimentale, dedicata alla Vergine, addossata a quella più antica. Con gli anni ’80, si eressero il corpo verso l’attuale Via Torino e il battistero, nella forma che, pur con modifiche e manomissioni ottocentesche, possiamo vedere ancora oggi. I nomi attivi nel cantiere della chiesa furono tra i maggiori e più conosciuti in Lombardia, in quegli anni: Giovanni Antonio Amadeo per la facciata, Agostino de’ Fondutis per la parte scultorea, Cristoforo Lombardo per il pavimento. Uno su tutti, però, spicca: Donato Bramante da Urbino. Fu lui a realizzare la chicca di questa chiesa. Avevo anticipato di quanto si resti a bocca aperta varcando il portale d’ingresso, guardando verso l’altar maggiore. La chiesa sembra estremamente profonda e allungata, con il suo presbiterio, ma… avvicinandoci, scopriamo che è tutto finto! Si tratta di uno dei più azzeccati usi della prospettiva di tutta la Storia dell’Arte mondiale.

Bramante, per non invadere la retrostante Via Falcone ed evitare l’abbattimento di case, creò un rilievo in terracotta alle spalle dell’altare, raffigurandovi, con un’illusione ottica senza pari per il suo tempo, tre campate prospettiche, seguendo i dettami di Piero della Francesca e di Luca Pacioli, che avrebbero fatto percepire, a colui che entrava in chiesa, una profondità molto maggiore di quella reale. Per intenderci, il dato numerico parla di 97 cm di spessore che fanno percepire ben nove metri di ulteriore lunghezza della navata!

san maurizio al monastero maggiore guida chiese milano milanoguidaSan Maurizio al Monastero Maggiore

Usciti, dirigiamoci verso Piazza Cordusio e, poi, su Corso Magenta. Poco prima del settecentesco Palazzo Litta, sulla sinistra, troviamo un altro gioiello rinascimentale, la chiesa di San Maurizio al Monastero maggiore.

Iniziata nel 1503 e completata dopo la metà del secolo, la chiesa faceva parte del più grande monastero femminile milanese, oggi riconvertito nel Civico Museo Archeologico. San Maurizio è universalmente conosciuta come la cappella Sistina di Milano, per la ricchezza della sua decorazione pittorica interna. Bisogna, prima, sottolineare che la chiesa è unica, in città, per omogeneità strutturale e decorativa, nonché, per fedeltà all'originaria funzione cinquecentesca, dato che, ancor oggi, si presenta suddivisa in due metà più o meno della stessa capienza, suddivise da un tramezzo affrescato, quella anteriore per i laici e quella posteriore per le monache.

La decorazione è opera, in prevalenza, di Bernardino Luini e figli, che vi lavorarono dal 1522 al ’29, insieme ad altri artisti seguaci di Leonardo da Vinci. Ogni superficie è rivestita di affreschi raffiguranti episodi della vita di Cristo e di alcuni santi, in una profusione decorativa tale da ricordare la Cappella Sistina. Un’ultima chicca è data dal meraviglioso organo situato nel Coro, anch'esso cinquecentesco, e di recente restaurato e restituito alla polifonia delle origini. Entrando in chiesa, pertanto, sembra di essere immersi in un percorso sensoriale, visivo ed, eventualmente, sonoro, che rende obbligata la tappa in Corso Magenta.

Basilica di Sant'EustoRgio

Dirigiamoci, sulla circonvallazione interna, verso Porta Ticinese. Prendendo l’omonimo corso, in fondo, prima della porta, troviamo una basilica molto amata dai milanesi e dai turisti, Sant'Eustorgio, perfettamente riconoscibile dal suo campanile, il più alto di Milano prima della costruzione, nel XX secolo, di quelli di San Carlo al Corso e di Sant'Apollinare a Baggio.

La basilica, con l’attiguo monastero, oggi Museo Diocesano, era la sede dell’ordine domenicano in città. Sarebbe superfluo tracciare una storia completa della basilica, nata nel VII secolo ma, secondo alcune leggende, fondata nel 300 circa dal vescovo Eustorgio, e ricostruita in stile romanico e poi gotico. Basti ricordare che la basilica è un vero pantheon e luogo di sepolture celebri. Innanzitutto, Sant'Eustorgio ospita le (presunte) spoglie dei Re Magi che, stando alla leggenda, Elena, madre di Costantino, donò a Milano e al suo vescovo. Le spoglie rimasero a Milano fino al 1164, quando Federico Barbarossa entrò in città, distruggendo la basilica e trasportando le reliquie a Colonia, dove, sul sepolcro a esse destinato, si iniziò a costruire quella che, oggi, è una delle meraviglie del Gotico europeo, la Cattedrale.

Giova sottolineare che, nel 1903, una parte delle sacre spoglie è stata restituita alla città di Milano, motivo per il quale la processione dell’Epifania parte dal Duomo e arriva proprio a Sant'Eustorgio. Oggi le spoglie dei Magi riposano sotto l'altar maggiore. I Magi non sono gli unici uomini illustri sepolti in Basilica: all'interno della Cappella Portinari, gioiello rinascimentale eretto tra il 1462 e il ’68 da maestranze toscane e affrescato dal bresciano Vincenzo Foppa, si trova il grandioso sepolcro di Pietro da Verona, più conosciuto come San Pietro Martire, frate domenicano strenuo combattente, come il fondatore dell’ordine, dei catari, assassinato nel 1252 tra Seveso e Barlassina da un eretico, con un colpo di roncola alla testa.

Così, nell'iconografia sacra, viene raffigurato Pietro, le cui storie costituiscono il tema decorativo degli affreschi del Foppa, mentre la grandiosa arca marmorea è opera del pisano Giovanni di Balduccio, del 1336-39. E, comunque, Sant'Eustorgio fu, nel Medioevo e nel Rinascimento, luogo di sepoltura per molti nobili cittadini, vescovi, militari, funzionari. Basti girare le cappelle laterali per osservare quanti monumenti funebri popolino questo pantheon delle glorie milanesi dei secoli passati: si potrebbe affermare che la basilica sia una sorta di antenata del Famedio del Cimitero Monumentale!

La chiesa di San Cristoforo

Attraversiamo la Darsena, luogo, ai giorni nostri, di vita serale e notturna, così come l’Alzaia del Naviglio Grande. Proseguendo, all'inizio di Via Lodovico il Moro, accanto al ponte ferroviario in ferro, su cui transitano i treni della linea S9 del Passante Ferroviario, troviamo l’ultima tappa del nostro giro, la chiesa di San Cristoforo.

Si tratta di un semplice edificio trecentesco in cotto, a cui venne affiancata una cappella settecentesca, riconoscibile dal suo campaniletto, faro in una zona, oggi, a forte vocazione creativa e aziendale. San Cristoforo, in realtà, nasce dall'unione di due chiese. Quella di sinistra è la più antica e risale al XII secolo, ma che venne rimaneggiata nel ‘300, quando venne affiancata quella a destra, chiamata cappella ducale, con l’aggiunta del portale di ascendenze pavesi. La cappella ducale venne eretta nel 1398 dai milanesi come voto per il superamento di una lunga carestia. La chiesa, semplice nelle sue linee trecentesche, mediate dall'uso del cotto, presenta tracce di affreschi raffiguranti santi e stemmi, così come, all'interno, si trovano opere pittoriche attribuite a maestri ignoti del ‘300 e di inizio ‘400.

San Cristoforo, come si diceva, con il suo campanile, era un faro per i viandanti che, da Vigevano e dal Piemonte, giungevano in città. E non è un caso che la chiesa sia stata dedicata proprio a questo santo, patrono dei viaggiatori. Ci sono, infine, delle leggende che caratterizzano questa chiesa. La prima riguarda la sua nascita sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Ercole e, per questo motivo, vista la grandiosità della figura dell’eroe classico, si decise di sostituire il culto erculeo con quello di Cristoforo, Ercole cristiano dotato di una forza e di una grandezza degna di portare Gesù bambino sulle sue spalle.

La seconda riguarda il periodo medievale: in questa chiesa, nel 1176, pare sia stata data, per la prima volta, ai milanesi, la notizia della vittoria della Lega Lombarda a Legnano sulle forze del Barbarossa. La terza, e ultima, ci porta al Rinascimento: in San Cristoforo, si dice che il duca Lodovico il Moro, nel 1491, incontrò, per la prima volta, la sua futura sposa, Beatrice d’Este, in arrivo a Milano da Ferrara. 

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