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Villa Simonetta

villa-simonettaNel mezzo del quartiere signorile intorno a Viale Cenisio, all’angolo tra le vie Stilicone e Principe Eugenio, sorge un autentico gioiello di architettura residenziale rinascimentale, Villa Simonetta.

La villa fu eretta per Gualtiero Bascapè, Cancelliere di Ludovico il Moro, intorno alla fine del ‘400, su un terreno di proprietà dell’Ospedale Maggiore. Nonostante le difficoltà intercorse all’interno della corte, i lavori non si fermarono e la villa fu portata a termine, tanto da essere chiamata “La Gualtiera” in onore del proprietario. Nel 1508 il Bascapè morì e la villa passò di proprietà ai Rabia, che la abitarono fino al 1544, quando subentrarono i Cicogna. Due anni dopo, però, l’edificio subì la modifica più radicale, quando fu acquistato dal Governatore di Milano Ferrante Gonzaga, che incaricò l’architetto toscano Domenico Giunti di restaurare e ampliare la villa: al corpo centrale, Giunti affiancò due corpi longitudinali verso il giardino, ottenendo una struttura a “U”, e, inoltre, realizzò la monumentale facciata porticata. Nel 1555 Gonzaga fu richiamato in Spagna e la villa passò ai Simonetta, che le diedero l’odierno nome: mantenendo l’antico decoro e l’avito fasto, visse l’epoca della Milano barocca, tra feste sontuose e intrighi torbidi. Tra il ‘600 e l’800, la villa passò ai Castelbarco, ai Clerici e agli Osculati, ma fu nel 1726 che, di essa, si ebbe una prima concreta rappresentazione, con Le ville di delizia dell’incisore bolognese Marcantonio Dal Re: questi la descrisse come una delle più famose e fastose ville suburbane cittadine, e anche dell’Italia intera, specie per lo stato di conservazione, e descrisse, con incisioni annesse, anche il giardino all’italiana dietro l’edificio, anche inventandosi alcuni particolari architettonici che Villa Simonetta non ha mai avuto. A fine ‘800 il giardino, e di conseguenza anche la villa, iniziò un lento declino con l’apertura della ferrovia che, dalla stazione di Porta Garibaldi, conduce verso il nodo di Certosa. Nel frattempo l’edificio viene adibito a ospedale per colerosi, per poi essere adibito a molte funzioni: fabbrica di candele, officina meccanica, casa operaia, caserma, falegnameria e osteria. La sua fortuna fu, nella mala sorte, il bombardamento che, nel 1943, colpì lo scalo ferroviario Garibaldi, che la danneggiò pesantemente. Passata al Comune di Milano nel 1959, la villa è stata restaurata tra il 1960 e il ’70, per essere adibita, ancora oggi, a Civica Scuola di Musica.

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La prima villa patrizia rinascimentale di Milano presenta, oggi, della struttura quattrocentesca, solo un porticato a cinque arcate sul lato est, verso la ferrovia, con capitelli che ricordano l’architettura di Bramante. In origine la struttura doveva essere a “U”, con un corpo centrale non porticato affiancato da due ali porticate, ma Domenico Giunti modificò questo assetto, creando una facciata a portico con più logge. Questa, di forme classicheggianti, si compone di un massiccio portico a nove arcate, con pilastri a semicolonne toscane addossate, sopra il quale si aprono due ordini di logge con balaustra, corrispondenti ai due piani della villa. La loggia, al piano nobile, si presenta di ordine toscano, mentre al secondo le colonne sono corinzie. Il portico ha una volta a botte che, in origine, era completamente affrescata. La facciata est, a parte il portico bramantesco, si presenta più semplice, ma con loggette all’ultimo piano, sulle ali minori. All’interno, purtroppo, la decorazione che caratterizzava la villa è andata perduta, ma, da quelle poche tracce rimaste, si può capire che il soggetto fossero le imprese della famiglia Gonzaga, come ci testimonia anche Paolo Giovio. Le uniche tracce rimaste sono alcuni tralci di vite sulla volta dello scalone.

Due curiosità, in conclusione: già da quanto dice Dal Re, nel giardino di Villa Simonetta si trovava una vasca attraversata da un ponte. Da questo esatto punto, come da una finestra al secondo piano, si poteva scorgere un’eco nota in tutta Europa, in grado di rimbalzare sulla parete della villa per ben cinquantasei volte. L’edificio, inoltre, nella prima metà dell’800, era noto come “villa dei balabiott” (termine milanese per indicare tutti coloro che si dedicavano al vizio), in quanto lontano da occhi indiscreti e luogo di delizia suburbano. Villa Simonetta era teatro di scorribande e festini della Compagnia della Teppa, un gruppo di nobili dediti alla goliardia e al vizio.

Stefano Malvicini

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