Emilio de Marchi nella Milano borghese
Dal giallo psicologico al verismo, la vita di uno scrittore tra i più importanti del secondo Ottocento.
Secondogenito di una modesta famiglia di contadini, Emilio de Marchi nacque a Milano il 31 luglio del 1851.
Fino all’età di nove anni il piccolo Emilio trascorse un’infanzia serena, ma la prematura morte del padre, a causa di una malattia, lo costrinse a far affidamento alla madre, dal carattere forte e deciso e che aveva partecipato alle Cinque giornate di Milano.
Nel 1863 De Marchi comincio a studiare presso il liceo Beccaria, conseguendo la maturità nel 1871, per poi iscriversi all’accademia scientifico – letteraria di Milano, dove nel 1874 si laureò in lettere.
Due anni dopo Emilio fondò, con gli amici e colleghi Ambrogio Bazzero ed Ettore Borghi, la rivista quindicinale “Vita nuova” dedicata alla letteratura di quel periodo ed in particolare al movimento della Scapigliatura.
Parallelamente De Marchi pubblicò, proprio sulle pagine della rivista, i suoi primi romanzi e racconti, come “Il signor Dottorino” e “Due anime in un corpo” molto influenzati dal gusto gotico e horror di fine Ottocento.
Dopo aver lasciato la rivista per contrasti con i colleghi, lo scrittore venne assunto come insegnante di italiano in un liceo milanese, mentre nel frattempo continuò a scrivere numerosi racconti e novelle pubblicati sulle riviste dell’epoca.
Tra il 1887 e il 1888 De Marchi pubblicò sul “Corriere di Napoli” il suo primo capolavoro “Il cappello del prete” che, sotto le premesse di una banale trama gialla incentrata sulla morte misteriosa di un ex prete diventato usurario, propone un raffinato scavo psicologico del protagonista, il barone di Santafusca, che dopo aver commesso un delitto per salvarsi dei debiti di gioco precipita nella pazzia, simboleggiata dal cappello del titolo, metafora del senso di colpa.
Agli inizi del 1889 il giornale “L’Italia” propose le puntate di “La bella pigotta” il nuovo romanzo dello scrittore, che un anno dopo sarebbe uscito in volume con il titolo di “Demetrio Pianelli” ottenendo subito un grande successo di pubblico.
La vicenda, ambientata nella Milano di fine Ottocento, ha per protagonista Demetrio, un mite impiegato dalla vita semplice che all’improvviso si deve fare carico della famiglia del fratello Cesarino, suicidatosi dopo aver sperperato il patrimonio della ditta dove lavorava.
Inizialmente titubante, a poco a poco Demetrio riesce a conquistare la fiducia della cognata Beatrice, di cui si innamora, e della nipotina Arabella.
Ma l’epilogo sarà amaro per il povero impiegato che, dopo aver difeso la cognata dalle avance del suo capo, verrà trasferito a Grosseto, mentre Beatrice sposa Paolino, un caro amico dei Pianelli che la ama da tempo.
Il “Demetrio Pianelli” segnò per sempre la carriera dello scrittore, che scrisse negli ultimi anni della sua vita altre opere di grande spessore come “Giacomo l’idealista” e “Arabella” sulle vicende della nipotina di Demetrio Pianelli, ma non riuscì più a ripetere quel successo clamoroso.
Malato da tempo, Emilio De Marchi morì il 6 febbraio del 1901 nella sua casa di Milano.