Leggende milanesi: per divertirsi un po'
A Milano, oggi più che mai diventata sinonimo di progresso ed evoluzione costante, è importante ricordare che parte della sua storia attuale è fatta anche da quei racconti dove si mescola realtà alla fantasia, senza sapere bene dove inizi una e finisca l'altra. Le leggende milanesi, serbatoio di tanti perché sulla storia della nostra città, ci regalano una Milano vista in una prospettiva diversa. Eccone alcune!
Palazzo Marino
La storia concorda sul fatto che il nome del palazzo del Comune si riferisca al conte Tommaso Marino, banchiere genovese, rozzo e senza scrupoli, che fece la sua fortuna a Milano in modi tutt'altro che onesti.
Le cronache cittadine concordano anche sul fatto che i lavori del Palazzo vennero bloccati dall'opposizione tenace dei milanesi che avevano in odio il conte per via del suo temperamento odioso ai più. Ma sul perché il conte decise di costruire un palazzo sontuosissimo proprio in quel luogo ci viene in aiuto la leggenda. Pare che intorno al 1553, un Tommaso Marino quasi ottantenne, si invaghisca della figlia di un ricco patrizio veneziano, Arabella Cornaro.
Vedendogli negata la mano della ragazza e quanto mai in linea con i suoi modi prepotenti, Tommaso Marino pensò bene di risolvere la faccenda con il rapimento di Arabella, strappando così dal padre il consenso alle nozze. Ma a patto che il conte costruisse in quella che già ai tempi era definita stata definita dal Cornaro una “città grigia”, un palazzo degno del rango della figlia. Il conte decise che la dimora dovesse sorgere nei pressi di Piazza San Fedele, dove per la prima volta aveva incontrato Arabella. Poco importa che la zona fosse già occupata da altre abitazioni: acquistò gli immobili, cacciò gli abitanti e rase al suolo le case per fare posto al sontuoso progetto, i cui lavori vennero affidati a Galeazzo Alessi. Ci pensò una maledizione a sistemare il conte. Un passante, durante i lavori di edificazione del palazzo sentenziò: «Questo edificio di pietre, innalzato con tante ruberie, o brucerà, o cadrà in rovina, o se lo porterà via un altro ladrone». E infatti non passarono molti anni che il conte dilapidò il patrimonio e vide confiscatosi il Palazzo, non ancora concluso, per mano degli Spagnoli.
E Arabella? Incontrò una tragica morte: venne trovata impiccata nel baldacchino del letto dopo una delle scenate di gelosia del terribile conte. Marino, dal canto suo, nonostante tutte quelle maledizioni si spense a 97 anni, ma nella solitudine più totale.
Le rocambolesche origini del Teatro Alla Scala
Dirimpettaio di Palazzo Marino, anche la storia del Teatro Alla Scala si fonde e confonde con la leggenda. Le cronache storiche concordano sull'incendio divampato la notte di carnevale del 1776 ai danni del Regio Ducal Teatro, comunemente chiamato “il teatrino”, che ai tempi sorgeva a due passi dall'attuale Palazzo Reale. Ma per colpa o per dolo? Non ci sarà mai dato saperlo, ma anche questa volta la leggenda accorre in nostro aiuto. Quella sera il cancan della confusione carnevalesca, fosse terreno fertile per l'incontro di due amanti: Maria Beatrice Ricciarda d'Este, moglie del governatore austriaco della Lombardia, l'arciduca Ferdinando, e Giacomo Sannazzari, rampollo di una delle più famiglie meneghine più in vista dell'epoca. La sorte però non permise ai due di consumare il loro incontro amoroso: l'arciduca, scoperta la tresca, volle dare una lezione al corteggiatore di sua moglie.
Con la collaborazione di un servitore legò e rinchiuse il Sannazzari proprio nel luogo dove aveva appuntamento con Maria Beatrice. E all'alba del 25 febbraio, terminati i festeggiamenti del carnevale, appiccò il fuoco. Il teatrino, quasi a voler anticipare le ceneri quaresimali che di li a poche ore sarebbero cadute sulle teste dei fedeli, finì anch'esso in un cumulo di ceneri. Ma quello che il l'arciduca scoprì alcune ore dopo aveva dello straordinario: c'era stato uno scambio di persona! Non il Sannazzari, ma un suo amico che in vena di scherzi aveva voluto sostituirsi a costui per godere dei favori dell'arciduchessa era stato legato, rinchiuso e arso vivo! Fu forse per mettere a tacere la coscienza che l'arciduca giocò un ruolo determinante nella costruzione del nuovo teatro? Il Teatro Alla Scala sarebbe sorto nell’area della chiesa Santa Maria della Scala, sull’attuale via Manzoni.
Colonna del Leone in Piazza San Babila
Avete presente il leone che troneggia su una colonna proprio dinanzi alla chiesa di San Babila, nell'omonima piazza? A esso è legata una leggenda, più che una storia. Si narra infatti di un attacco che nottetempo i Veneziani vollero infliggere ai danni di Milano. Nascosti nella boscaglia i Veneziani attendevano il momento propizio per lanciare l'offensiva. Se non che un rumore insolito li allertò e alcuni furono mandati in avanscoperta per indagare. Niente paura! Si trattava solamente di un fornaio intento a lavorare l'impasto per il pane del giorno seguente. Ma il fornaio aveva fiutato odore di pericolo ed era invece corso a dare l'allarme. I Veneziani da assalitori si ritrovarono a fuggire a gambe levate e... nella fuga lasciarono qualche souvenir ai Milanesi per i secoli a venire.
I Misteri di Villa Simonetta
Oggi sede della Civica Scuola di Musica, a Villa Simonetta pare che 500 anni or sono, echeggiassero ben altre note. La proprietaria, la ricca vedova Clelia Simonetta, era donna dedita ai piaceri più sfrenati che soddisfaceva in questa villa fuori dalle mura cittadine e almeno in parte protetta dalle malelingue. Un vero e proprio tempio del peccato insomma!
Dopo alcuni anni però alcuni degli avvenenti uomini che frequentavano la villa e le sue feste non fecero più ritorno a casa. Le cronache ne contano 11. Che siano stati vittime di giochi sessuali spinti sino al confine tra la vita e la morte? Oppure uccisi dalla stessa Clelia per i suoi esperimenti esoterici?
Mantide religiosa o sacerdotessa dell'occulto che fosse, di Clelia Simonetta si persero le tracce. E purtroppo si sono persi anche gli straordinari echi che provenivano da varie parti della villa: si diceva che la parola “amore” potesse essere ripetuta fino a 30 volte. Lo stesso Stendhal sosteneva che nel 1816, un colpo partito accidentalmente dalla sua pistola risuonò 50 volte. Tanti vollero sentire in quegli eco le voci straziate delle misteriose scomparse a Villa Simonetta. La storia in questo caso ha messo a tacere la leggenda: i bombardamenti del 1943 danneggiarono severamente la villa e scomparve persino la eco di tutte quelle strane storie svoltesi tra le sue mura.
La tradizionale Colomba milanese
E' da ben prima di Expo che Milano detta le regole in campo gastronomico... almeno secondo la leggenda! Anche il dolce pasquale per eccellenza, la colomba, vanta un'origine milanese. Questa narra che il re longobardo Alboino, era solito ricevere doni dalla cittadinanza, il giorno prima di Pasqua. Tra questi, il più gradito era quello di dieci giovani vergini di cui avrebbe potuto disporre a volontà. Ma ad addolcire il sovrano ci pensò la nuova creazione di un fornaio milanese, un dolce pasquale a forma di colomba. L'ottimo sapore del dolce appena sfornato sciolse l'acredine del re, che promise clemenza non solo alla città, ma anche alle ragazze che fecero ritorno a casa da donne libere. Si colloca sempre in epoca longobarda, questa volta con protagonista la regina Teodolinda, un'altra leggenda sull'origine della colomba.
San Colombano e il suo seguito di monaci giunsero in città attorno al 612 e furono omaggiato dai sovrani longobardi con un sontuoso banchetto a base di carni. Colombano ed i suoi rifiutarono quel pasto troppo sontuoso a loro giudizio nel periodo di penitenza quaresimale. Vedendo che la regina Teodolinda era offesa dal rifiuto dei monaci, San Colombano risolse la situazione affermando che avrebbero consumato le carni solo dopo averle benedette. All'atto della benedizione le carni si mutarono in colombe di pane, bianche come le tuniche indossate dai monaci. Il prodigio colpì molto la regina che comprese la santità dell'abate e decise di donare loro il territorio di Bobbio dove nacque l'Abbazia di San Colombano.
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