Ricordi sull'Aia alla Cascina
Ho rivisto il film di Ermanno Olmi L'albero degli zoccoli e mi ha riportato al tempo della mia fanciullezza quando andavo con un amico a giocare nella cascina dei suoi genitori e dove vi era un'Aia che, per chi non lo sapesse, era l'area di terreno sodo o pavimentato, contigua ai fabbricati rurali, destinata ad accogliere i prodotti da essiccare, trebbiare, cernere e altro.
L'Aia rivestiva un vero e proprio centro operativo della vita e del lavoro della campagna ed era una costante nelle corti rurali lombarde e di altre regioni italiane. Lavorare sull'Aia voleva dire non gettare nulla ma utilizzare e non scartare, cosa che invece l'abbondanza dell'industria e del commercio ha stravolto con il consumismo. L'Aia della cascina era un vero e proprio laboratorio di trasformazione, riutilizzazione, riciclaggio dove si riducevano al minimo i rifiuti e anche questi, resi cenere, erano usati come fertilizzanti, oppure usata nella concia del bucato con la produzione di rànno che aveva la funzione di detersivo.
Pensiamo alla lavorazione del latte che dava burro, formaggio e infine il siero che veniva usato come alimento per i maiali. Insomma, in una cascina si conservava di tutto, perché tutto, prima o poi, poteva divenire utile. Gli sprechi erano vietati, un po' per via della povertà e un po' perché il buon senso e la saggezza contadina lo suggerivano. Ad esempio le ossa avanzate erano date ai cani, che in una cascina non mancavano certamente, mentre quelle rimaste dopo la macellazione del maiale divenivano sapone; il sego era buono per fabbricare candele o per lubrificare le attrezzature, così la sugna da cui si ricava lo strutto era usata per ungere attrezzi e ruote. Gli scarti dei vegetali, della frutta bacata o marcia, di bucce, dell'acqua della pasta o del riso finivano nel trogolo del maiale il quale non era per nulla schizzinoso ma divorava ogni cosa; non per nulla il maiale era definito "il salvadanaio del contadino".
Una parte delle vinacce dell'uva veniva fatta rifermentare con l'acqua, per ottenere un prodotto alternativo al vino, chiamato acquato o mezzone, mentre una parte era venduta per la distillazione. Tutto il letame prodotto finiva nella concimaia e poi sparso sui campi. Ricordo ancora bene il pozzo con la pompa posto poco distante dall'Aia dove ci piaceva andare a rinfrescarci e giocare e dove, inevitabilmente, eravamo richiamati a giocare altrove e a non sprecare inutilmente l'acqua.
Un ambiente fresco e ventilato era la cantina, a cui però, a noi bambini, era vietato entrare. Altro luogo cui stare lontano era la concimaia, non solo per l'odore ma per il pericolo di finirci dentro. In un angolo sulla destra appena entrati in cascina era accumulata una enorme catasta di legna, destinata sicuramente a finire nella pancia delle stufe.
Vicino sorgeva il fienile, e non vi dico le giocate tra il fieno, tra cui la preferita era quella di gettarcisi sopra lanciandosi da un asse posto più in alto. Nel cortile era un continuo girovagare di galline, oche, tacchini, e via dicendo che correndo nel gioco si facevano starnazzare e spiccare un volo per non essere investite. Non molto lontano dall'Aia vi era poi la latrina, considerato che nelle case i bagni non erano ancora entrati.
L'Aia la si godeva soprattutto nelle sere d'estate dove, dopo una giornata di lavoro le famiglie della cascina si ritrovavano per trascorrere un momento di spensieratezza con canti e suoni, di pettegolezzo, ma anche di momenti meno spensierati, come ad esempio la recita del santo rosario soprattutto nei mesi di maggio e ottobre. Insomma, momenti che, se vissuti di persona, non si dimenticano più.
Potrrebbe interessarti anche:
La Cascina lombarda: struttura agricola tipica della Pianura Padana
Il lavoro femminile tra il 1900 e il 1950 in Lombardia
Antichi Mestieri nella Milano di un tempo
C'era una volta la cascina ed il quartiere Acquabella
Cascine a Milano e dintorni: un'esperienza tra natura, gusto e tradizioni