Storie di una volta: i ballerini con i piedi di capra
Una volta nei paesi montani o nelle nebbiose campagne, quando la televisione era ancora sconosciuta, alla sera, soprattutto nelle fredde sere invernali, ci si riuniva nella stalla, che era un luogo caldo, e, dopo aver recitato il santo Rosario tutti insieme, qualcuno, di solito una nonna o un nonno, si mettevano a raccontare una storia ai bambini/e presenti, i quali restavano a bocca aperta prestando la massima attenzione al racconto.
Un patrimonio che non deve andare perduto, ma che è bene riscoprire. È proprio per questo che ho deciso di raccontare alcune di queste storie, qualcuna perché l'ho sentita personalmente, come quella che vi racconto adesso, altre recuperate da vecchi libri o fattemi raccontare da persone oggi anziane.
Questa volta vi propongo una storia che qualcuno dice sia stata vera, lascio comunque a ognuno trarre la propria conclusione.
L'ho intitolata:
I ballerini con i piedi di capra
In un paese di montagna c'era un ragazzotto, il cui nome era Vigilio, che era solito portare le sue capre e pecore al pascolo, seguito dal suo fedele cane pastore, dove vi era la sua baita e la stalla per il bestiame. Spesso vi passava una intera settimana per poi scendere in paese per trascorre il sabato e la domenica con i genitori, con gli amici e fare scorta di cibo.
Una sera di agosto, dopo aver accudito gli animali e ricoverati in stalla, fatto la cena e intagliato un ramo per farsene un bastone, decise di andare a dormire. Era da poco passata la mezzanotte quando si svegliò, convinto di aver sentito come se vi fosse della musica e del vociare sguaiato. Si alzò, aprì l'uscio e uscì dalla baita. Si ritrovò sotto un cielo pieno di stelle con una luna che faceva bella mostra di se.
Ascoltò con attenzione l'intorno, ma gli unici suoni che riuscì a sentire erano quelli dei grilli e di qualche uccello notturno. Rientrò e si rimise a letto, dicendosi che probabilmente era stato un sogno che sembrava vero. Il giorno dopo, che era un sabato, scese in paese com'era solito fare, e il lunedì successivo ritornò alla sua baita e ai suoi animali. I giorni trascorrevano come di consuetudine, tuttavia ogni tanto il suo pensiero ritornava a quel sogno così strano, non del tutto convinto però che si trattasse solo di un sogno. Arrivò la sera di venerdì e, come suo solito, fece tutto quel che doveva fare prima di concedersi una salutare dormita.
Successe quel che era già avvenuto, si svegliò si scatto sollecitato dalla musica e dagli schiamazzi. Si alzò dal letto, si mise la camicia e i pantaloni, prese con se il bastone e un coltello che si mise nella cintura e uscì all'esterno. E no, questa volta, se pur debolmente, riuscì a udire dei suoni e una specie di canto. Prese la lampada a petrolio e decise di dirigersi verso la provenienza di questi suoni. Camminò per una ventina di minuti lungo un piccolo sentiero nel bosco e, via via che avanzava i suoni si facevano sempre più chiari. Ad un certo punto, in una piccola radura, apparve una baita con due finestrelle illuminate da cui usciva una musica e un vociare indistinto, e dove figure nude parevano danzare.
Non aveva sognato dunque! Che fare? Lasciarsi vincere dalla curiosità e avvicinarsi cercando di spiare l'interno da una delle finestrelle o ritornare alla propria baita e meditare sul da farsi? Si decise per la seconda opzione.
Evidentemente la prudenza e un presente timore avevano avuto la meglio sulla curiosità. Il sabato mattina scese come di consueto in paese e, fatte tutte le scorte opportune, prese alloggio alla casa dei genitori, a cui però non raccontò nulla di quanto aveva visto. La sera, dopo aver giocato alla "mura" con gli amici, raggiunse Domenico, detto pignatta poiché di mestiere stagnava le pentole, il suo miglior amico e gli raccontò quanto successogli.
Il lunedì mattina erano tutti e due nella baita di Vigilio, attendendo con ansia che venisse il giorno di venerdì. Il giorno venne, o meglio, la notte, che vide Vigilio e Domenico giungere alla baita dove tutto si ripeteva come il venerdì precedente.
Decisero di avvicinarsi con molta prudenza e raggiungere le due finestrelle per poter osservare l'interno. La cosa riuscì, anche perché la musica e il frastuono coprivano i loro pur cauti passi. Quando osarono guardare dalla finestrelle, ambedue videro uomini e donne nudi che danzavano e si affaccendavano senza nessun pudore, ma quello che colpì i due "spioni" fu quando si accorsero che tutti i presenti avevano i piedi di capra.
Vigilio e Domenico si guardarono e, come se si fossero letti nel pensiero, si diedero a gambe levate raggiungendo in un baleno la propria baita.
Come andò a finire? Che i due coinvolsero il prete del paese, don Battista, il quale, raggiunta la baita incriminata, ovviamente in pieno giorno, girandole attorno, procedette a una benedizione, poi entrò e si diede a benedire e recitar preghiere per scacciare i diavoli che, secondo la convinzione del sacerdote lì si radunavano per dar sfogo alle loro passioni, da quella baita. All'esterno Vigilio e Domenico ad un certo punto oltre alla voce del prete che ormai quasi urlava, sentirono un frastuono indiavolato e un odore come di zolfo raggiunse le loro narici.
Dopo una buona mezz'ora abbondante videro il prete uscire dalla porta, aveva la tonaca tutta stracciata, come se avesse delle bruciature; sul viso alcuni ematomi come se qualcuno lo avesse preso a schiaffoni, le mani quasi nere, le scarpe ormai ridotte a un cencio e l'aspersorio tutto accartocciato.
In paese raccontarono che don Battista era scivolato in un dirupo cadendo tra le spine e urtando dei sassi, e la cosa non ebbe nessun eco, però dopo quel rituale, in quella baita non si udì ne si vide più nulla. Ai protagonisti rimase però una domanda senza risposta, ossia: tra coloro che ballavano vi erano volti conosciuti?
Questa storia mi è stata raccontata più di 50 anni or sono, e ancora la ricordo. I nomi dei protagonisti sono stati da me cambiati, anche perché quelli reali non li ricordo più.
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