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Una volta si diceva così: detti dialettali milanesi

Oggi il nostro parlare è, normalmente, in italiano, a volte con l’inserimento di vocaboli stranieri, soprattutto inglesi.

I dialetti stanno ormai percorrendo la via del tramonto, anche se, a onor del vero, la forma dialettale resiste ancora negli spettacoli teatrali di commedie e farse, soprattutto nelle piccole città o nei paesi, dove le tradizioni resistono più a lungo che non nelle metropoli.uomini milanesi1800

Il parlar dialettale oggi è appannaggio quasi esclusivamente degli anziani, i giovani lo pronunciano raramente, e solo alcuni vocaboli che riprendono un’azione o situazione specifica. Tuttavia una volta, anche nella nostra città di Milano, il Dialetto milanese era la parlata della quotidianità, escludendo sicuramente il parlare nei palazzi della politica, degli affari o della giustizia.

Nel parlare dialettale, vi erano espressioni simpatiche che voglio riportare in quest’articolo, anche se mi devo limitare a un numero ristretto ma nulla osta, a chi fosse interessato, di approfondire l’argomento.

Ecco dunque alcune di queste simpatiche battute.

  • Ieri come oggi se qualcuno tiene un atteggiamento o un comportamento diverso dagli altri, spesso è additato come strano se non matto; ebbene nella Milano passata l’espressione usata era questa: “A fa divers di alter se ciappa su del matt”.
  • È passato da poco il periodo dei cosi detti saldi, e un modo di dire milanese che ben si addice al momento è questo: “Bisogna guardass dal bonmercaa per minga restà bolgiraa”, ossia imbrogliati.
  • Chi ha tempo non aspetti tempo, dice un saggio sempre attuale. I meneghini, in maniera più figurata, lo dicevano così: “Intant ch’el pissa el can, scappa la legora”.
  • Più ci sono liti e incomprensioni più ingrassano gli avvocati, una verità difficile da confutare e sempre valida, tanto che i nostri avi erano usi dire: “Fann grassa la borsa di avvocatt i crapponi e i litigatt”.
  • La Verità, una virtù che oggi trova sempre meno credito che in passato, e che invece, se amata, ci salverebbe da molte noie e difficoltà. I nostri nonni avevano un modo simpatico per educare, in merito, i nipoti, infatti, dicevano loro: “Chi la voeur ciara vaga a la fontana”, che è come dire, chi vuol conoscere la verità, vada alla fonte.
  • Un altro modo di esprimersi che fa onore alla nostra operosa città è questo: “A Milan anca i moron fann l’uga”. I moron sono i gelsi. Questo per dire che a Milano anche l’impossibile diviene possibile.
  • Quest’altro modo di esprimersi, che condanna il buonismo e il pietismo al ruolo negativo che meritano, è quello che afferma: “A perdonà ai gramm se fa tort ai bon”; ossia, a perdonare ai cattivi si commette un torto ai buoni.
  • Nella nostra società, soprattutto alcuni giovani non vogliono sentir parlare de regole, e spesso si mettono d’impegno per trasgredirle, magari dandosi delle regole. I nostri saggi dicevano: “La regola l’è quella che la mante nel convent”. Chiaro no?
  • Ecco un dire che dovrebbe giungere alle orecchie dei nostri governanti, “Chi va de mezz hinn semper domà i strasc”. È proprio così, sono sempre i più deboli a pagare le conseguenze.
  • Quando siamo nati, il latte era la nostra tetta, quando saremo vecchi lo diverrà il vino. Un detto, infatti, recitava: “El vin l’è la tetta di vegg”.
  • Per chi ama viaggiare a piedi, oltre al conosciuto detto andare sul cavallo di San Francesco, ossia a piedi, vi è anche quello che recita: “Andà a cavall de la cusidura di calzon”. Simpatica no?
  • Un consiglio, probabilmente mai tramontato, che i genitori davano ai loro figli maschi, era quello di accasarsi da una ragazza benestante, così avrebbero risolto molti problemi. Detto in dialetto suona così: “Taccà su el cappell”, appunto sistemarsi al meglio.

Ecco, per questa volta termino qui.

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