Chiesa di Santa Maria Bianca in Casoretto
Un monumento quattrocentesco nel cuore della zona Lambrate: la chiesa di Santa Maria Bianca in Casoretto
Nei pressi di Piazza Durante, nel bel mezzo del traffico della zona Lambrate, sorge una piccola oasi di pace quattrocentesca, ormai addossata al grande deposito Atm di Via Leoncavallo: questa è la chiesa di Santa Maria Bianca in Casoretto, affacciata su Piazza San Materno.
Prima di tutto viene il nome: Casoretto era il nome di un antico casale, già citato a fine ‘200, situato sulla strada che, da Porta Orientale,
oggi Porta Venezia, conduceva a Lambrate. Qui, stando ai documenti del 1404, esisteva una chiesetta all'interno dei possedimenti di un nobile, Pietro Tanzi, devoto ai canonici lateranensi, tanto da chiedere l’invio di alcuni di loro per officiare i servizi religiosi al monastero di Santa Maria della Frigionaia a Lucca. Nel 1405 Tanzi vide esaudita la sua richiesta e, da allora, sei canonici si stabilirono nei pressi della chiesetta e, l’anno successivo, venne eletto il primo Priore. Nel 1566 ottenne il titolo di abbazia giacché, in età sforzesca, alcune esenzioni fiscali e una serie di lasciti consentirono di creare, qui, oltre che una cospicua comunità di canonici, composta, nell’epoca di massimo fulgore, di trenta unità scelte in base a censo e cultura, anche una famosa biblioteca, nella quale, a inizio Seicento, amava passare molto tempo niente poco di meno che l’arcivescovo Carlo Borromeo. Furono due secoli di splendore, che durarono fino al 1772, quando, con la soppressione della canonica, iniziò un periodo di declino, durato tutto l’800, quando la chiesa divenne succursale di Turro, e fino all'inizio del ‘900, quando divenne chiesa parrocchiale.
La chiesa venne costruita intorno alla metà del XV secolo su progetti della famiglia Solari. Vi lavorò, in particolare Guiniforte, che vi impresse una struttura analoga a quella del suo capolavoro, Santa Maria delle Grazie, anche grazie alla scelta del cotto, fino agli anni 1479 – 80, mentre il campanile a cuspide conica è di poco posteriore (1490). In seguito all'elevazione ad abbazia, l’edificio venne trasformato, forse su disegni del Tibaldi, secondo i dettami del concilio di Trento, e nel secolo successivo ricevette alcune modifiche barocche, ma tutto fu eliminato nel 1927, quando l’architetto Ambrogio Annoni restaurò l’edificio, riportandolo alle forme quattrocentesche, così come lo possiamo ammirare oggi.
Nella facciata, estremamente semplice e austera nella struttura in cotto, dalla tipica ossatura a capanna, la mano è quella di un architetto di sicura cultura rinascimentale, come testimoniano le due monumentali finestre a tutto sesto e il portale, che rivela gli influssi toscani di Michelozzo e Rossellino. Il fianco destro, affacciato su Via Casoretto, rivela, invece, tutta la maestria dei Solari nella teoria di cappelle erette sulla falsa riga del fianco di Santa Maria delle Grazie su Corso Magenta, nei contrafforti in cotto e nella finestre ad arco acuto.
Anche l’aspetto interno, a tre navate, rivela assonanze con l’esterno, specie nella struttura in cotto, e rievoca, ancora una volta, Santa Maria delle Grazie. Rilevanti sono alcune opere d’arte custodite nella chiesa: al secondo altare della navata destra vi è un trittico, legato alla famiglia Tanzi, rappresentante, al centro, la Resurrezione, a destra il committente Giovanni Melzi, e a sinistra, sua moglie Brigida Tanzi, attribuito ad Ambrogio Bevilacqua e risalente agli anni ’80 del XV secolo. Nel transetto sinistro si trova una Madonna col Bambino ad affresco, di scuola lombarda, della metà del ‘400.
Alla sinistra della chiesa si trova il chiostro, incompiuto e terminato solo su due lati, consistente in un portico ad arcate a tutto sesto con volte a velette, sormontato da una loggia a bifore.
Una curiosità, in conclusione: il nome “Santa Maria Bianca” è legato al fatto che, nella stessa area, vennero costruite tre chiese mariane. Santa Maria Nera di Loreto fu demolita per fare spazio all’odierno Piazzale Loreto, mentre Santa Maria Rossa si trova a Crescenzago. Il nome “bianca” pare legato al candore della veste della Vergine nell’affresco del transetto sinistro.
Stefano Malvicini
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