La basilica di San Calimero a Milano
Non molto lontano da Porta Romana, sull'omonima via che collega il Corso a Piazza Cardinal Ferrari, sorge la basilica di San Calimero, antica chiesa densa d’arte e di storia.
L’edificio è, molto probabilmente, originario del V secolo e sarebbe stato edificato sui resti di un tempio romano, dedicato ad Apollo, nell'area immediatamente esterna alle mura dell’antica Mediolanum.
La chiesa sarebbe sorta su un sacello, edificato esattamente nel luogo in cui, secondo la tradizione, San Calimero, quarto vescovo di Milano, sarebbe stato sepolto dopo il martirio avvenuto in un pozzo lì vicino.
San Calimero: storia e origini
Secondo alcuni, la chiesa sarebbe già esistita ai tempi di Ambrogio, come la vicina S. Nazaro Maggiore, ma dati certi la confermano già oggetto di lavori di restauro nel 490 – 512, sotto il vescovo Lorenzo I. Il luogo in cui la chiesa sorse, dopo la distruzione del tempio di Apollo, venne destinato ad area cimiteriale, vista la posizione di pochissimo esterna alle antiche mura romane della città, come attestano, ancora oggi, alcune lapidi pagane e cristiane murate sul fianco meridionale della chiesa, provenienti dalla contigua vecchia necropoli: San Calimero, pertanto, come vari altri edifici romanici della città (S. Vincenzo in Prato o S. Celso), sarebbe una basilica cimiteriale, e così rimase fino al XIII secolo. Nel frattempo la chiesa subì un rifacimento romanico nel XII secolo, che le diede quella che è ancora oggi la sua struttura: di questa fase costruttiva restano oggi, oltre alla struttura interna, solo il fianco su cui sono murate le lapidi e l’abside semicircolare, ad archetti ciechi, aperta, come nella migliore tradizione del romanico lombardo, da tre finestre a tutto sesto.
La prima grande trasformazione avvenne nel 1609, quando Francesco Maria Richini manomise le antiche strutture romaniche sovrapponendo loro un corpo architettonico barocco, sia all'interno, che all'esterno. Anche il Settecento lasciò la sua traccia, con la trasformazione del vicino oratorio di S. Michele dei Disciplini in Sagrestia, mentre nel primo Ottocento fu la volta dell’altar maggiore, che fu rifatto secondo il tipico schema a baldacchino, tipico di molte chiese milanesi. La trasformazione più devastante, però, fu quella perpetrata a fine XIX secolo, nel 1882, per l’esattezza, per mano di Angelo Colla, che, in un discutibile impeto di purismo neoromanico, eliminò ogni traccia dell’edificio seicentesco, ripristinando, secondo i suoi canoni, le antiche forme della basilica: il risultato è quello che possiamo vedere oggi. La facciata su via San Calimero è, a tutti gli effetti, il risultato più discutibile dell’intervento del Colla.
Essa si presenta in cotto, secondo la tradizione del Medioevo lombardo, con tre finestre a tutto sesto, palesemente riprese da quelle originali dell’abside, e una teoria di archetti ciechi pensili sul cornicione, sui quali svettano tre pinnacoli che poco c’entrano con il romanico, vista la loro vicinanza con gli omologhi di S. Bassiano a Lodi Vecchio, tipicamente gotici, e per la presenza di archetti acuti. Del Colla è anche il portale, preceduto da un protiro sostenuto da colonne e leoni stilofori. Il campanile, retrostante all'abside, è posto, curiosamente, in posizione diagonale rispetto alla chiesa.
L’interno si presenta ad aula rettangolare, navata unica, divisione in campate e soffitto a volte oblunghe (in origine a capriate), quasi del tutto frutto dell’intervento di Colla, mentre le cappelle laterali furono aggiunte in epoca controriformistica. Varie sono le opere d’arte custodite nella chiesa. Subito a destra dell’ingresso, spunta una Crocifissione seicentesca, opera di Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano (1575 ca. – 1632), proveniente dalla vicina chiesa sconsacrata di S. Pietro dei Pellegrini, mentre, nella terza cappella destra si trova una Natività, attribuita a un artista cinquecentesco con influssi sia di Leonardo che di Gaudenzio Ferrari, molto probabilmente Marco d’Oggiono.
La cripta di SAn Calimero
La cripta, sottostante al presbiterio, ed evidente grazie al rialzo di esso, fu rifatta nel ‘500 e affrescata dai Fiammenghini, gli stessi artisti che lavorarono a Chiaravalle. Sull'altare si trova un gruppo ligneo seicentesco con San Calimero gettato nel pozzo, mentre sulla destra è ancora visibile il pozzo in cui, secondo la tradizione, il santo fu lasciato morire. Accanto alla chiesa sorge l’oratorio di San Michele dei Disciplini, trasformato, tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700, in sagrestia. Le volte furono, in questo periodo, affrescate dal valtellinese Giacomo Parravicino, detto Gianolo (1660 ca. – 1729) e, per le finte architetture, dai fratelli varesini Giovanni Battista e Gerolamo Grandi.
Qui si trova anche un affresco, raffigurante la Madonna col Bambino e due sante, attribuito a Cristoforo Moretti (XV secolo). Una curiosità, in conclusione: a questa chiesa restò sempre legato, in quanto abitante nella zona attigua, uno dei massimi storici milanesi del Settecento, Serviliano Latuada (1703 – 64).
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