Skip to main content

Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio

Il Museo che vado presentando in quest’articolo racconta ancora una volta la storia dell’imprenditorialità italiana e che per questo vi invito a visitare.

Il nome intero è “Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio”.museo del tessile busto arsizio

La storia

La sua storia nasce dal Cotonificio Carlo Ottolini il quale ereditò dal padre un lotto di terreno e sul quale decise di impiantarvi una stamperia. La vastità del terreno gli permise anche di affiancare alla stamperia degli spazi per la produzione di tessuti tipici della città bustese. Questi tessuti, il “Tarlisu” e la “Bumbasina”, hanno poi dato il nome alle due maschere tipiche bustocche. Il termine tarlisu significa traliccio, ed era un tessuto usato come fodera dei materassi, mentre la bumbasina era un tipo di tessuto che veniva usato soprattutto per fare lenzuola. I due tessuti ebbero, sul mercato, un notevole successo tanto da essere esportati in tutto il mondo. Lo stabilimento si arricchì di nuovi macchinari e capannoni, assumendo il nome di “Cotonificio Carlo Ottolini”. Nel 1887 l’Ottolini acquistò una casa con grande corte e botteghe adiacenti alla sua proprietà. Gli ottimi prodotti del Cotonificio gli permisero di essere premiato nelle due esposizioni, quella di Palermo nel 1891 e di Genova l’anno successivo, e di ricevere la medaglia d’oro dal Ministero dell’Industria. Alla morte di Carlo subentrò il figlio Ernesto, al quale si deve l’edificazione dello stabilimento neogotico, oggi sede del museo.

Nel 1915 la famiglia Ottolini perde il controllo dell’azienda, e vi subentrano Antonio Tognella e Carlo Schapira, due ex dipendenti, i quali cambiarono il nome in “Cotonificio Bustese”.

Dal 1915 sino agli anni ’50 il cotonificio fu protagonista di una crescita vertiginosa, poi iniziò una fase discendente che culminò nel 1972 con la chiusura dello stabilimento di Busto Arsizio e il trasferimento delle attività in Valle Olona. Valle che inizia in una frazione di Varese e che termina a Castellanza, sempre nel varesotto, e che è solcata dal fiume Olona.

Lo stabilimento voluto da Ernesto Ottolini rappresentava un importante esempio di archeologia industriale, e presenta forme di un castello con mattoni a vista, finestroni ogivali, merlature e torri con la presenza di figure antropomorfe, ossia che presentano sembianze umane, e fu progettato dall’architetto Camillo Crespi-Balbi.

Anche il Cotonificio Bustese dovette, nel 1978, cessare la propria attività causa l’arretratezza degli impianti di produzione. Al Cotonificio subentrò allora l’Azienda “Bustese Industrie Riunite” che aveva sede legale ad Olgiate Olona, sempre in provincia di Varese.

Nel 1980 il Comune pensò di acquisire l’area su cui sorgeva l’ex Cotonificio Bustese, demolendo alcuni capannoni ritenuti ormai inagibili. Quelli rimasti furono affittati a ditte private che adattarono gli spazi interni adeguandoli alle loro specifiche esigenze produttive. Si procedette poi ad abbattere ulteriori edifici nei pressi del corpo centrale, permettendo così di riportare lo stabile Crespi Balbi in tutta la sua grandiosità. Nel 1884 si riuscì anche a creare, nell’area, un parco pubblico.

Il 30 gennaio 1997, dopo anni di restauri, l’Amministrazione Comunale di Busto Arsizio istituì il Museo del Tessile e della Tradizione Industriale di Busto Arsizio, che raccoglie e conserva le preziose testimonianze dell’industria tessile locale. Il museo fu aperto al pubblico nell’ottobre dello stesso anno.

L’esposizione si estende su tre piani.

Nel piano terra si trovano le sale dedicate alla filatura, alla tessitura e al finissaggio, con la presenza di grandi telai e dell’imponente “mangano”, un tipo di pressa o calandra.

Al primo piano abbiamo uno spazio dedicato alla lavorazione “Jacquard”, un telaio che può eseguire disegni complessi. Un’area dove sono esposti strumenti utilizzati nelle fasi di segnatura, confezionamento e spedizione delle pezze. Nel 2002 vi si trova anche la “Sala delle esperienze”, un laboratorio didattico in cui è permessa la partecipazione attiva del visitatore.

Al secondo piano troviamo una sala dedicata all’evoluzione storica dei processi di tintura e stampa dei tessuti, mentre nella grande sala centrale si possono ammirare vari esempi di schirpa, ossia il prezioso corredo della sposa dell’Alto milanese. Proseguendo si possono vedere documenti e strumenti utilizzati in passato negli uffici di uno stabilimento tessile.

Nell’ultima sala vi sono le “fibre nuove”, ovvero i moderni filati artificiali e sintetici, usati anche nell’industria spaziale, nella Formula 1e nell’alta moda. La visita prosegue poi nelle torrette, dove vi è l’archivio storico e fotografico.

Alle spalle del museo, nel 2002, viene inaugurata la Sala del Ricamo Industriale, con la presenza di prodotti di ricamifici e macchine.

Nel 2007 la Regione Lombardia onora il museo con il “marchio di qualità”, che attesta l’alto livello dei servizi resi al pubblico.

Info ed orari

Questi gli orari di apertura:

Lunedì chiuso.

Da martedì a giovedì dalle ore 14,30 alle ore 18,00.

Venerdì dalle ore 9,30 alle ore 18,00.

Sabato dalle ore 15,00 alle ore 18,30.

Domenica dalle ore 8,00 alle ore 18,00.

Non è richiesta prenotazione.

Il Museo si trova in via Volta 6/8 a Busto Arsizio.

Contatti: telefono: 0331627983 – mail: museibusto@comune.bustoarsizio.va.it

A questo punto non rimane che dedicarsi a questa visita museale che sicuramente non lascerà delusi.

Pin It