Capodanno nelle antiche tradizioni e superstizioni milanesi
Il 31 dicembre si avvicina e ognuno, a modo suo, si prepara ad accogliere il nuovo anno: oroscopi alla mano, lista dei buoni propositi, lingerie rossa e quintalate di lenticchie da mangiare a mezzanotte. Ma che cosa combinavano i nostri bis-bis nonni a capodanno? Scopriamolo insieme!
Innanzitutto l'abitudine di far coincidere l'inizio dell'anno con il primo di gennaio fu adottata da parte della chiesa romana solo a partire dal 1575. Prima di allora l'anno poteva cominciare direttamente a Natale... o addirittura a Pasqua! In un modo o nell'altro, il 31 dicembre, che fosse pre o post 1575, ha sempre altalenato tra l'esaltazione del nuovo e il timore dell'ignoto. E così già a corte, nella Milano ducale, dotti e sapienti erano indaffaratissimi a scrutare il cielo per carpirne un pronostico favorevole o nefasto.
Ma anche in un'epoca apparentemente religiosissima come quella, le scaramanzie non venivano certo trascurate! Priorità assoluta era tenere lontano demoni e spiriti malvagi dalla propria dimora. E quale metodo migliore per rabbonirli che offrire loro succulente vivande poste sul davanzale di casa? Meglio ancora era possedere una reliquia di qualcuno morto in odore di santità se non addirittura di qualche santo illustre. E via di corsa ad accaparrarsi l'ultima vestigia... tra le poche autentiche e le innumerevoli patacche!
Le donne, poi, dovevano affrettarsi a terminare i lavori di maglia e uncinetto, così come portare a termine qualunque altro lavoro: non si poteva terminare nel nuovo anno qualcosa incominciato nel vecchio. E proprio sul lavoro si dividevano le scuole di pensiero: c'era chi si affannava a compiere ben 25 lavori diversi e chi l'ultimo giorno dell'anno lo trascorreva nell'ozio più totale. L'obiettivo era in ogni caso sempre lo stesso: favorire l'abbondanza di lavoro e la prosperità.
Al calar della sera, via ai festeggiamenti! La dominazione austriaca a Milano portò anche l'usanza di veglioni e balli di fine anno, anche se ancora stretto appannaggio dell'aristocrazia. I borghesi attendevano lo scoccare della mezzanotte con la classica bicchierata in famiglia, tra una tombolata e un bicchiere di moscato.
E nelle case più modeste invece si impastava la Carsenza, tradizionale dolce di capodanno, celebre almeno tanto quanto il panettone a Natale. Chi poteva vi aggiungeva una moneta e va da sé... trovarla nella propria fetta l'indomani sarebbe stato un pronostico di sicura buona sorte per tutto l'anno a venire. Ma anche i più poveri non mancavano di tenere in serbo un grappolo d'uva, che mangiato la notte di san Silvestro, era di buon auspicio per l'anno nuovo.
Con le prime luci dell'alba, ecco accorrere in tanti alla Messa, occasione per far benedire l'immagine del santo protettore. E proprio sull'uscio di casa si sarebbe avuto il più fidato dei pronostici: incontrare un amico o ancor meglio un gobbo era il massimo che si potesse auspicare. Andava bene anche un bambino o un giovane nel fiore degli anni: unica raccomandazione era necessario che non fischiasse, altrimenti significava qualche guaio in arrivo. Alla larga invece vecchie, preti e... carri funebri!
Il primo dell'anno non trascorreva in modo tanto diverso poi dal nostro. Dopo aver acquistato una carsenza, la giornata passava in allegria tra visite a parenti e amici, a cui era ancora possibile portare un dono di natale very last minute, diremmo noi oggi. Era d'uso ai tempi regalare almanacchi e strenne, tradizionali doni di capodanno.
Ma l'immagine che ci sta più a cuore di tutta questa carrellata senza tempo è quella che vede protagoniste le ragazze in età da marito. La mattina di capodanno avveniva il lancio della pantofola, a cui era affidata la sorte che le avrebbe viste spose o ancora zitelle nell'anno seguente. Al di là di questo gesto caduto in disuso, che farebbe ridere anche la più ingenua delle adolescenti, ci piace immaginarci tutti un po' come loro, con il naso rivolto all'insù, nella trepidante attesa che la pantofola cada a terra con la punta rivolta verso la porta. Buon anno a tutti!
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