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Lavorà al dì de incoeù

el molettaLavorare al giorno d'oggi è il pretesto per fare una "camminata" tra i lavori di oggi però detti in milanese e con aggiunta di qualche spiritosaggine.

È indubbio che alcuni lavori oggi non si esercitano più, pensiamo ad esempio al mestiere dell'umbrelee, così come vi sono mestieri che nel tempo si sono in parte "modificati" pur conservandone la tipologia, vedasi il perrucchèe, che pur continuando a tagliere e acconciare le capigliature, ha modificato la terminologia e il negozio con nomi più moderni e accattivanti, anche se poi la sostanza è pur sempre quella di tagliare i capelli.

A proposito, sapete come veniva apostrofato un tempo un parrucchiere di poco valore? Era detto "tajapioeucc" o anche "l'è on taja del bòrgh" ossia di "periferia". Una distinzione non molto educata poiché identificava gli abitanti di periferia come poveracci, facendo capire che i sciòr godevano di un trattamento migliore. Cosa sicuramente vera, tuttavia...

Un mestiere non ancora scomparso del tutto è quello del rigattiere, in milanese "pattèe" italianizzato in cenciaio o cenciaiolo, strascee in dialetto. Bottega ancora presente è quella del sarto/a, che i milanesi doc distinguevano in "sart de omm e sart de donna"; se poi era un sarto di qualità si diceva "sartòn".

Un lavoro ancora in auge è quello del "Cervellèe", il salumiere, il pizzicagnolo per intenderci. Il termine pizzicagnolo identifica colui che vende al minuto salumi, formaggi eccetera. Altri modi per identificare il cervellèe erano: "mazzagàtt, salsamentari, triagatt". Sul termine salsamentari vi sarebbe da fare una precisazione in quanto dire Salsamentari, Ranscètta o Postee non è la medesima cosa, anche perché un salsamentari el dirà mai sònt òn cervellee. Sottigliezze linguistiche queste cui preferisco sorvolare.  Una frase che sentivo dirmi da mia nonna era questa: "va giò in del cervellèe e compra per cinch ghei".

Un'attività ancora esistente è quella del Fabbro, in dialetto "Ferèe", e qui mi sovviene un detto che recita: "dal ferèe nò toccà, dal speziee nò mett in bocca". Per chi va per funghi si dice: "fongh feree", intendendo il fungo porcino. Anche l'attività del calzolaio non è ancora del tutto tramontata, nonostante il mercato inviti ad un uso e getta e compra nuovo. Nel dialetto meneghino sono tre i modi per identificate il calzolaio, e sono: "calzolar, bagàtt e sciavattin". Ci si poteva sentir dire: "va giò chi dal bagatt e fà risolà sti papòzz", tradotto: porta dal ciabattino questi stivaletti da far risuolare.

Da chi si può andare se si vuole gustare un buon bicchiere di vino? Dal vinaio ovviamente! Detto anche òst, oste, se ritenuto valido, altrimenti veniva apostrofato "brugnòn", cioè oste scarso e disonesto. Un proverbio che si sente ancora oggi è: "come domandagh a l'ost s'el g'à el vin bòn". Che vale però per tutte le categorie.

Forse qualcuno si ricorda, soprattutto nei borghi più piccoli, del passaggio dello spazzacamin, oggi caldaista, che a ben sentire l'ha perdùu la poesia, e se sent pù intorna i vòs di spazzacamin. Un lavoro più pulito è quello del ragionàtt, anche se ha perso la sua forza di un tempo. Oltre al ragionàtt dell'offìzzi vi è anche il ragionàtt de cà, vale a dire l'economo di casa, colui, o molto spesso, colei che tiene e amministra i conti di casa. Prima però de ultimà vi voglio dire del lavoro più utile al mondo, che è quello del Contadin, detto anche pajsan o villàn, infatti, senza de lòr nànca i sciòr i mangiaria, figuràss i poverètt!

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