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Memento mori: due parole che fanno riflettere

Nell’approssimarsi del mese di Novembre ritorna la giornata per la celebrazione in ricordo dei propri cari defunti. Questa volta con quest’articolo voglio evidenziare come nelle rappresentazioni artistiche e non solo, si voleva sottolineare questo momento così significativo della morte. Comprendo che l’argomento può essere ritenuto poco consono e facilmente messo da parte e preferibilmente ignorato, tuttavia ignorare questo aspetto inevitabile è da sciocchi, meglio sarebbe educare ad una buona morte.memento mori pix

Venendo al titolo, questo termine risale ad una usanza dell’antica Roma, infatti, quando un generale rientrava in città dopo aver ottenuto una brillante vittoria militare, sfilando lungo la via principale per essere acclamato dalla folla, un personaggio alle sue spalle pare che gli dicesse:

“Respice post te. Hominem te memento”, che significa: “Guarda dietro a te. Ricordati che sei un uomo”, con il chiaro significato di non lasciarsi prendere dalla superbia e dalla mania di grandezza.  A molti personaggi dittatori del momento attuale, non sarebbe male se ci pensassero a questa raccomandazione.

Dobbiamo arrivare alla Riforma Cattolica o Controriforma perché questo termine sia rappresentato anche nella pittura Seicentesca e nella Natura morta, dove sovente appare, posizionato accanto a un vaso di fiori o un canestro di frutta, un teschio, con il chiaro simbolo di caducità della vita. Il tempo che fugge viene rappresentato anche con un simbolo di un orologio o clessidra, il cui riferimento è estremamente chiaro.

Di questo monito se ne avvalsero i Monaci Trappisti, ossia i Cistercensi di stretta osservanza, i quali si ripetevano durante le ore del giorno “ricordati che devi morire”, con il chiaro significato di rimanere sempre in grazia di Dio poiché “sorella morte”, come la definisce san Francesco, non sai né il giorno né l’ora che bussa alla tua porta.

Un'altra locuzione usata, soprattutto nell’entrata di alcuni cimiteri, come ad esempio in Firenze, si può leggere la scritta: “Ricordati, uomo, che polvere sei e polvere ritornerai”. In un mosaico oggi esposto al Museo Nazionale Romano, presso le Terme di Diocleziano, si vede una figura scheletrica che richiama a questa attenzione.

Nel Santuario di san Francesco di Paola a Forio d’Ischia vi è un “memento mori” raffigurato in uno scheletro che tiene nella sua mano destra una falce e nella sinistra una clessidra con sotto la seguente scritta:

“O tu che guardi in su, io sono stato come sei tu e tu sarai come sono io. Pensa bene e va con Dio”.

Una frase più o meno simile, infatti dice così: “Io ero qual tu sei, tu sarai qual son io”, la si legge a Milano in San Marco.

Un dipinto molto significativo, ma ve ne sono molti altri, è quello dipinto da Ignacio de Ries che si trova esposto nella Cattedrale di Segovia e che ha per titolo: “L’albero della Vita”, dove le figure del dipinto illustrano simbolicamente molto bene il "memento mori".

Vi sarebbero altri aspetti interessanti da considerare, come ad esempio le “Danze Macabre” che si trovano dipinte su pareti o all’interno di musei, così come il Trionfo della Morte, tema iconografico a carattere macabro, ma con lo scopo di far riflettere, diffuso nel tardo Medioevo soprattutto nell’area alpina. Se ne contano ben trecento. Altra considerazione è il termine “Macabro” che viene usato per definire lo stile e il contenuto di opere artistiche caratterizzate da una atmosfera lugubre e in relazione con la morte, enfatizzati nei suoi aspetti simbolici.  Vedasi in merito quanto rappresentato sul sarcofago dell’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo VII posto nella cripta della chiesa dei Cappuccini a Vienna, dove la corona imperiale è posta sul cranio di un teschio.clusone affresco danza macabra foto cicala

Prima di terminare questo breve excursus in un campo poco amato come quello della morte, desidero terminare  con una poesia tratta da un canto degli Indiani Navajo. Si intitola:

Non piangere sulla mia tomba

 

Non piangere sulla mia tomba

Non sono qui.

Non sto dormendo. Io sono mille venti che soffiano;

sono lo scintillio del diamante sulla neve

sono il sole che brilla sul grano maturo

sono la pioggia lieve d’autunno.

Quando ti svegli nella calma mattutina.

Sono il rapido fruscio degli uccelli che volano in cerchio

Sono la tenera stella che brilla nella notte

Non piangere sulla mia tomba io non sono lì.

Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immortalità

o meglio, è sostanza divina.

Chi ama non conosce morte, perché l’amore fa rinascere

la vita nella divinità.

A mio avviso una bellissima e significativa poesia che potrebbe benissimo essere insegnata a scuola.

Per terminare in tema dovrei concludere con un requiem, ma non mi sembra il caso; siete anche voi d’accordo?

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