Milano: la scomparsa basilica di San Dionigi
La storia di una basilica che ha segnato, dalla fine dell’Impero Romano fino all’arrivo di Napoleone, il pubblico e il privato di Milano.
Quando nel 355 si radunò a Milano, presso la basilica nova, il concilio indetto dall'imperatore Costanzo e da papa Liberio, con lo scopo di condannare una volta per tutte il vescovo di Alessandria, Atanasio, il maggior avversario degli ariani, una delle vittime più illustri fu il vescovo di Milano Dionigi, grande amico dell’avversato vescovo egizio. Infatti Dionigi venne condannato per eresia.
Anche se il vescovo di Vercelli, Eusebio, inizialmente riuscì a far invalidare per vizio di forma la condanna, alla fine tutti i vescovi scissionisti dovettero andare in esilio e Dionigi venne trasferito in un paesino della Cappadocia, dove morì nel 360.
Fu solo nel 374 che il vescovo di Milano Ambrogio, eletto dopo la parentesi ariana, fece recuperare la salma di Dionigi e per onorare la sua memoria ordinò la costruzione di una cappella presso la porta Orientale, poi diventata la basilica di San Dionigi.
Fra gli oggetti conservati nella chiesa di estrema rilevanza, ricordiamo un sarcofago pagano in marmo di Musso dell'inizio del IV secolo, scolpito a Milano, dove era sepolto il nobile romano Valerio Petroniano, che da consigliere municipale era diventato pontifex e sacerdos della iuventus milanese fino ad arrivare al ruolo di causidicus, figura molto importante per la scena politica milanese.
Nel Medioevo la basilica di San Dionigi divenne un nodo politico e religioso molto importante negli scontri tra i Patavini e i Ghibellini, che nel Duecento furono massacrati presso la chiesa dopo l’uccisione del loro capo Paganino.
Ma, all’inizio del Cinquecento la basilica era caduta in declino, anche se Luigi XII vi era salito a cavallo nel 1509, dopo la vittoria di Agnadello, come raccontava l’iscrizione sull'arco che immetteva nel sagrato.
Nel 1535 venne abbattuta l'antica chiesa, per la costruzione dei Bastioni, ma successivamente, per volontà del governatore Antonio de Leyva, come ricorda una lapide, ne fu costruita una nuova a tre navate con otto cappelle laterali, con annesso un convento, su progetto dell’architetto Pellegrino Tibaldi.
Oggi della nuova chiesa ci restano i disegni del 1573 dell'Anonimo Fabriczy, mentre, nel Settecento, presso l'atrio antistante la chiesa si trovava una cappella con una vasca d'acqua che secondo la leggenda curava le malattie agli occhi.
Nel 1770 il convento venne soppresso e nel 1783 anche la chiesa fu rasa al suolo per far posto ai Giardini pubblici e poi al Museo Civico di Storia Naturale.
Molte delle reliquie superstiti, tra cui la pietra del Tredesin de Mars, che secondo la leggenda venne portata da san Barnaba a Milano sotto Tiberio, finirono nella chiesa di Santa Maria del Paradiso, mentre il sarcofago romano venne trasferito in Duomo, dove tuttora si trova.