Il Gatto e il suo simbolismo
Il titolo di quest’articolo già mette il lettore sull'argomento che voglio qui trattare, che è si quello sul gatto, ma considerato dal punto di vista simbolico.
Un modo diverso di parlare di questo pigro, vispo e abilissimo cacciatore. Dobbiamo risalire a più di novemila anni fa da quando il gatto è stato addomesticato e ha iniziato a trascorrere parte della propria vita accanto all'uomo.
Le razze di gatto sono moltissime, una più bella dell’altra, ma, parlando di simbolismo, questo poco conta, infatti, il punto di partenza è il gatto in generale.
Inizio subito parlando del mondo dell’antico Egitto, dove il gatto è detto “myu”, e da dove, con molta probabilità, è giunto in Europa. Lo troviamo dipinto su pietre tombali o raffigurato nei papiri funerari nell'atto di troncare la testa a un serpente, simbolo delle tenebre.
Gli antichi egizi vantano anche una dea, prima leonessa poi trasformata in gatto, la dea Bastet, raffigurata come una donna dalla testa di gatta, che proteggeva le madri e la casa. Non solo l’Egitto però può vantare questa singolarità, infatti, nella mitologia nordica abbiamo la dea Freyja – l’equivalente della latina Venere – che era deposta su un carro trainato da due stupendi gatti blu.
La dea Kalì è spesso raffigurata insieme a gatti neri; un’altra dea indiana è Shasti, sempre rappresentata con ungrosso gatto. Ho accennato al gatto nero, ebbene questo colore ha fatto si che, nel Medioevo, un tale gatto era associato alla figura demoniaca, ne abbiamo un esempio su un dipinto dell’Annunciazione di Lorenzo Lotto, dove si vede un gatto nero che fugge all'arrivo di un angelo.
Un altro esempio pittorico lo abbiamo nelle immagini che rappresentano San Cadoc che si serve di un gatto per ingannare il demonio. È comunque a conoscenza di tutti che in un gatto nero si soleva identificare anche una strega, e che farsi attraversare la strada da uno di questi è significato di sfortuna.
Tuttavia vi sono altri aspetti simbolici del gatto, ad esempio degli Alpini, antichi soldati pedoni i quali avevano per insegna un gatto di colore rosso, in atto di camminare con la testa diritta, posto in una targa verde, circondata da un cerchio bianco. Quasi simile è quello dei soldati pedoni chiamati Augustei, i quali avevano nell'insegna un gatto verde in corsa con la testa ripiegata sulla schiena, in una targa bianca, circondata da un cerchio rosso allargato sino al margine.
Un altro aspetto simbolico del nostro simpatico felino è di Dissimulatore di vizi, giacché tende a nascondere, coprendo o sotterrando, i suoi escrementi. Anche Domandare aiuto ha come simbolo un gatto con un topo in bocca, quest’associazione risale a un’antichissima favola, che terminava con un’invocazione che diceva: “Il topo Ecate, aiuto chiama”, e stava proprio a indicare la richiesta di aiuto, esattamente come fa un topo preso da un gatto, invocando soccorso con uno squittio che pare una vocina supplicante.
Un simbolo prettamente “gattesco” è quello di Indipendenza, tanto che gli antichi Svevi, i Burgundi, gli Svizzeri e i Borgognoni, lo portavano sulle bandiere come emblema di libertà. Presso gli Egiziani, il gatto era simbolo della luna, poiché avversario degli animali protetti dal sole.
Anche l’Araldica si è impossessata di quest’animale, infatti, lo vediamo come emblema di Indipendenza, Vigilanza e Destrezza, e alcuni casati effigiarono i loro stemmi proprio col gatto. Il gatto rampante sullo scudo è detto “inferocito”. Si rappresenta normalmente con la testa di faccia e passante come il leopardo. In sintesi il gatto simboleggia l’indipendenza, la vigilanza, la destrezza, l’autosufficienza, la bellezza, la sensualità, l’orgoglio, il mistero.
È legato alla fertilità e al mistero, tanto che quella sua capacità di vedere al buio lo vuole compagno inseparabile di medium e chiaroveggenti. Nel sogno il micio non passa indifferente, poiché tende a rappresentare gli istinti più celati. Ci indica il rifiuto alle costrizioni, la gioia di vivere, l’attaccamento ai piaceri terreni, ovviamente dipende da come il gatto ci appare in sogno.
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