Il Liberty tra Porta Venezia e Porta Vittoria
Come il quartiere attiguo alla vecchia Porta Venezia, anche quello compreso tra Piazza Oberdan, i viali Majno e Bianca Maria, Piazza Cinque Giornate e Corso XXII Marzo è ricchissimo di edifici che hanno fatto la storia del liberty a Milano.
L’itinerario potrebbe partire da Piazza Oberdan lungo un tratto di Corso Venezia, dove, sulla destra, troviamo, al civico 47/49, Palazzo Castiglioni, edificio del 1901 – 4, capolavoro dell’architetto Giuseppe Sommaruga, con ferri battuti di Alessandro Mazzucotelli. Famoso per la sua facciata ricca di putti sopra le finestre e per la decorazione vegetale del portale, il palazzo presenta anche un finto basamento in pietra che dà ancora un tono più cupo e drammatico alla facciata. Proseguendo, a sinistra, si imbocca Via Cappuccini, dove, all'angolo con Via Vivaio, si trova un altro capolavoro, Palazzo Berri Meregalli dove possiamo trovare gli affreschi del friulano Angiolo D’Andrea.
L’”isola” di questa famiglia, estesa anche alle vicine vie Mozart e Barozzi, presenta una fronte affrescata sul retro (ora in restauro) e un edificio angolare, oltre al corpo principale sull'angolo Cappuccini – Vivaio. Il tutto è il capolavoro di Giulio Ulisse Arata, che vi lavorò dal 1910 al ’13, creando una soluzione sì liberty, ma vagheggiante il senso romantico del sublime ed elementi medievali e rinascimentali. Prendiamo come esempio la fronte, in gran parte eretta in cotto secondo la tradizione lombarda, ma che presenta anche grosse parti in pietra, in mosaico e alabastro. I mattoni la fanno da padroni, costituendo l’ossatura dell’edificio, ma la decorazione è quasi interamente in pietra.
Il portale è incorniciato da una grata del Mazzucotelli di rara fattura, sopra la quale si apre una balconata delimitata, ai lati, da due bow – window, che ricordano palesemente il modello di casa Felisari in Via Settembrini. Sovrasta la grande finestra centrale una fascia a mosaico con un mascherone animalesco quasi caricaturale. La parte alta della facciata, con l’attico poligonale, è in pietra. Le due ali laterali verso le vie sono ricche di elementi artistici, dal basamento in finta pietra che Arata pare aver ripreso dal vicino palazzo Castiglioni, alle titaniche lesene in cotto. Il disegno della finestra centrale viene ripreso su tutto il piano nobile, ma con mascheroni di animali quasi presi da un bestiario medievale. In alto, all’ultimo piano le finestre sono incorniciate da bugne e divengono trifore ai lati del corpo centrale, mentre le lesene culminano in graziose figure di putti che giocano con finte travi, opere di Adolfo Wildt. Anche l’atrio è spettacolare con mosaici sui pavimenti e sulle volte (un pavone che fa la ruota) e fontanelle laterali: al centro si nota una testa di vittoria alata di Wildt, dal tocco già futurista, che testimonia il suo passaggio dalla fase floreale a quella dinamica, che poi si diresse verso il fascismo, di cui fu uno dei massimi scultori, come testimoniano i suoi marmi sul Monumento alla Vittoria a Bolzano.
Proseguendo su Via Vivaio si nota, al numero 4, casa Tensi, di Ernesto Pirovano, dal bow window che ricorda Horta e dalla vivace decorazione floreale; quindi, svoltando a sinistra su Corso Monforte, al civico 43, si trova una casa caratterizzata da cotto e cemento, ma che ha la sua peculiarità nelle figure affrescate tra le finestre. Retrocedendo verso Porta Venezia, su Via De Bernardi, si trova casa Alessio (1905), opera di quel Giambattista Bossi che realizzò Casa Galimberti: la fascia centrale è ricchissima di decorazioni floreali, con due mascheroni, uno maschile “alla Arcimboldo” sopra l’ingresso, e uno femminile dall'aria birichina al primo piano, e culmina con una finestra vagamente rievocante la facciata di Liberty.
Si prosegue fino in piazza Fratelli Bandiera e, poi, si svolta a destra su Via Pisacane, dove abbiamo uno dei più riusciti accostamenti di edifici liberty in città: un enfilade di palazzi dall'angolo tra via Goldoni a quello con via Gustavo Modena, quasi tutti opera di grandi architetti, accomunati da un fastoso decoro e da ricchi ferri battuti alle balconate.
La casa al numero 12 è di Alfredo Campanini (1903) e presenta finestre racchiuse da timpani e mensole, con cui l’architetto intende dare la sua versione del timpano ricurvo di memoria rinascimentale e barocca.
Al 16 si trova casa Balzarini (1902), opera di Fermini, che ricorda soluzioni parigine e belghe, ma con una più abbondante decorazione vegetale in cemento che incornicia il portone, le finestre e i balconi, tutti ingentiliti da un grazioso andamento curvilineo.
Del Fermini e dello stesso anno è anche casa Cambiaghi, al civico 18/20, meno decorata della precedente ma con particolari insoliti, dai pavoni che fanno da timpano al primo piano ai balconcini ricurvi di sapore e ricordo barocco. Della stessa famiglia è anche la casa al civico 22, opera di quell’Ulisse Stacchini che fu autore della Stazione Centrale di Milano, del 1903 – 4: qui risaltano i ferri battuti di Mazzucotelli alle balconate oltre a un accenno di decorazione floreale al primo piano. Nelle vie retrostanti esistono interessanti tipologie liberty, dalla casa Scagliotti, Croci e Ragazzoni del 1912 in Via Menotti 2, con interessanti elementi floreali in fero battuto nel sottogronda, al palazzo di Guarnieri del 1906, all’angolo tra le vie Gustavo Modena e Castelmorrone, con mascheroni di sapore settecentesco sugli angoli.
Su Via Gustavo Modena interessanti sono anche la casa Bonomi (1907, al civico 27) e la casa Maggioni (al 28, dl 1909), dalle decorazioni floreali in cemento e, nella seconda, dall’elaborato portone.
Retrocedendo verso il centro, su Corso Indipendenza, al civico 18, spicca la casa Belloni Moroni del 1902, dall’uso misto di cotto e cemento e dal decoro di ricordo mitteleuropeo, così come casa Frisia in via Fiamma 37, del Provasi.
Notevoli sono anche due palazzi su Viale Bianca Maria, quello rinascimentaleggiante al 45 con un fregio di putti, e quello neobarocco del Predaval, del 1902, che ricorda molto da vicino quello di Via Borsieri all’Isola.
A destra, imboccando via Bellini, all'angolo con via Livorno, un altro gioiello, Casa Campanini, del 1904 – 5, che l’architetto realizzò come sua dimora: ne uscì un tripudio di decorazioni, dalle cariatidi leggiadre accanto all'ingresso alle teste femminili sopra i balconi che fanno da mensole per le lesene che arrivano fino al sottotetto e ai putti che incorniciano la parte angolare, caratterizzata da colonne e lesene con decori floreali. Meritano anche i ferri battuti di Mazzucotelli ai balconi e alle finestre.
Il percorso si conclude in Piazza Cinque Giornate, con il monumento in ricordo dei combattimenti contro gli austriaci. Si tratta di un monumentale obelisco, al centro della piazza dove si trovava la vecchia Porta Vittoria, scolpito da Giuseppe Grandi, scultore varesotto e ultimo esponente della Scapigliatura milanese, con un gusto ancora ottocentesco ma inaugurato nel 1895. Nella parte bassa, cinque figure femminili (Le Cinque Giornate) insieme ad animali feroci, compiono un moto vorticoso e drammatico intorno alla base dell’obelisco.
Stefano Malvicini
Vedi anche:
Il Liberty a Milano: il centro storico
Casa Galimberti: Liberty a Milano
Liberty a Milano: l'Isola e la zona della Stazione Centrale
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